lunedì 23 settembre 2013

I topi di Glorenza

Il processo ai topi di Glorenza


Scorcio di Glorenza (Foto Franziscus, Agosto 2013)


Fine d'estate, è tempo di bilanci: quante cose nuove ho imparato, quanti luoghi nuovi ho visto, quante persone ho conosciuto, quante storie ho incrociato? Come sono cambiato?
Una delle storie che ho conosciuto e con cui voglio riprendere i post del blog dopo la pausa estiva è quella del processo ai topi di Glorenza.
Cosa è Glorenza, innanzi tutto? Oggi è una importante attrazione turistica della Val Venosta, 
vicino all'imbocco della strada che sale allo Stelvio dalla Val Venosta, appunto, perché rappresenta in modo perfettamente conservato un esempio di borgo medievale più unico che raro. Non è dell'interessante storia di Glorenza però che voglio parlare in questo post, salvo ricordare che il suo sviluppo si dovette in buona misura al trasferimento (a metà circa del 1400) entro le sue mura del tribunale civile, che prima era a Malles. E' proprio di un processo che  voglio parlare, che non è affidato solo alla leggenda ma è proprio consegnato ad atti e scritture che possono essere consultati (purtroppo io non lo ho potuto fare personalmente quindi mi baso sulle informazioni che circolano a godimento dei turisti e dei curiosi).

Il 21 ottobre 1519 certo Simone Fliess di Stelvio, in rappresentanza dei suoi compaesani, sporse querela presso tribunale di Glorenza contro i topi che in gran numero "arrecavano evidenti danni ingenti alla campagna" e contro i quali non si sapeva più cosa fare. Già c’era poco da mangiare ed ora si aggiungevano anche queste bestie che distruggevano il raccolto "non permettendo nemmeno di poter versare i tributi per Glorenza". Il giudice era Wijhelm Hasslinger. L'oggetto della controversia sembra essere la responsabilità dei topi per il mancato pagamento dei tributi, non potendo la povertà  dei contadini essere addotta a ragione sufficiente, dati i tempi. Il giudice avvia allora un processo vero e proprio contro i roditori sia per stabilire la loro colpevolezza che per sanzionare il loro comportamento e prendere le decisioni del caso. Mi sembra che  l'oggetto dell'accusa ai topi fosse quella di rubare non tanto ai contadini, quanto al signore feudale, un'accusa molto grave quindi in cui si chiedeva che i topi venissero condannati al posto dei contadini. Il processo si svolge regolarmente: il giudice nomina oltre a un avvocato dell'accusa (in rappresentanza della città, tale Minig Schwarz)  un avvocato difensore dei topi, nella persona di Hans Grienenber di Glorenza, cui quindi si riconosce personalità giuridica e conseguentemente il diritto a stare in giudizio. In tal modo si dà soddisfazione ai contadini che appunto indicavano nei topi i responsabili del furto dei beni che avrebbero essere consegnati come tassa feudale e minacciavano, in caso che non fosse riconosciuta tale responsabilità, di abbandonare in massa il paese rompendo il patto feudale, cosa allora non di piccolo conto. La causa, la cui prima udienza si tenne il 26 ottobre 1519 durò sei mesi e mezzo e andò a sentenza il 2 maggio 1520, con numerose udienze in cui si sviscerarono tutti gli aspetti della intricata questione sia dal lato dell'accusa che della difesa. Venne infatti da un lato riconosciuto il danno arrecato dai topi, descritti come animaletti fastidiosi che cronicamente infestavano il paesino di Stelvio danneggiandone gli abitanti soprattutto per quanto riguarda i cereali con cui veniva pagato il tributo (misurato in covoni); fu condannato quindi il loro comportamento e si riconobbe che essi erano meritevoli di una condanna esemplare da parte della città. Nello stesso tempo la difesa riuscì a dimostrare che, d'altra parte, i topi avevano svolto una funzione positiva nell'ecologia del paese, mangiando larve di insetti e concimando la terra. Per cui, se i loro furti ai danni dei contadini (e del feudatario) rimanevano tali, almeno andavano concesse loro delle attenuanti. La sentenza fu salomonica. I topi furono condannati non a morte ma  ad abbandonare il paese, all'esilio quindi, e per consentire l'esecuzione della sentenza fu costruito un ponte sull'Adige. Inoltre il giudice, in riconoscimento dei meriti ecologici dei roditori, ma anche in osservanza delle regole della guerra cavalleresca, immagino, concesse loro il diritto a non subire danni durante l'esodo, e quindi un salvacondotto e una moratoria di 14 giorni perché potessero portare con sé i figli piccoli, oltre ai topi ammalati e le femmine gravide, evitando che fossero assaliti da cani e gatti (che dovevano dunque essere rinchiusi per la durata di tutti i 14 giorni di moratoria). Alla popolazione dei roditori vennero cioè concessi i diritti delle armi, come una guarnigione assediata dopo la resa. In tal modo i topi venivano condannati, i loro diritti riconosciuti e preservati, e anche gli interessi del feudatario erano salvati:.... i contadini non avrebbero potuto più incolpare i topi del mancato pagamento delle imposte perché essi erano stati giuridicamente esiliati.. .con sentenza passata in giudicato.
Questa mia interpretazione del famoso processo dei topi non corrisponde esattamente a quella dei libretti per turisti che invece sottolinea la mitezza della sentenza nei confronti dei topi. Tengo però conto che solo sei anni dopo questa sentenza  una rivolta degli stessi contadini (sempre per la questione dei tributi) venne  soffocata nel sangue, con condanne molto meno miti di quelle comminate ai topi.  Ma anche se la mia interpretazione  in termini politici della sentenza e dello stesso andamento del processo (degna del Mistero Buffo di Dario Fo) potrebbe apparire "di parte", rimane l'interesse giuridico per quel considerare i topi - nemici tradizionali dei contadini, e quindi oggetto di una pessima stampa - che schifo!- che ancora li distingue, in peggio, da criceti e furetti - quel considerare i topi, dicevo, soggetti giuridici, titolari di diritti e parte integrante del sistema ecologico. Il problema che mi pongo è quello della personalità giuridica di entità non umane e quindi della loro possibilità di difendersi in giudizio. Come è bel noto, a certe condizioni, la personalità giuridica non è limitata alla soggettività umana. Qualsiasi società o impresa ha una personalità giuridica, è soggetto di diritto e di doveri, di responsabilità contrattuali, ecc. D'altra parte a molti umani fu negata nel passato una personalità giuridica, come gli indiani d'America o le persone soggette alla schiavitù: derubricati da umani a cose, oggetti, o animali privi dunque di anima. Oggi si pone il problema (l'esigenza) del riconoscimento della personalità giuridica a entità nuove: non solo gli "utenti" e i "consumatori", i malati, che hanno un loro "tribunale", o dove non ce l'hanno hanno studi di avvocati aggressivi o di compagnie assicurative, ma anche gli animali: si pensi alla vivisezione e agli esperimenti di laboratorio su animali, tra cui naturalmente i topi; ma anche alle balene foche e alle specie animali in estinzione, agli alberi e alle foreste più o meno pluviali alle diverse componenti dell'ecosistema, al paesaggio, fino a umani non ancora nati, come le "generazioni future". Quale avvocato d'ufficio avrà l'abilità di Hans Grienber nel tutelare i loro interessi? E i giudici terranno in effettivo riguardo questi diritti e sulla base di quale diritto?  Oppure ricorreranno a giudizi salomonici "pelosi" anche se raffinati, come quello sentenziato da Wijhlem Hasslinger? Ma ancora, il rispetto dei diritti di queste entità è avvertito sempre di più come una nuova frontiera dell'etica e anche dell'economia: i lavoratori diventano stakeholder, alla pari degli azionisti, dei fornitori, dei clienti, alla pari delle generazioni future e del territorio. Penso che si ponga un enorme problema di rappresentanza che riguarda tutta la società civile, non solo  la democrazia politica. La frontiera dell'etica, oltre che del diritto, vacilla di fronte ad una serie di ipocrisie, quali quelle nei confronti delle sofferenze inflitte agli esseri viventi per quelli che potremmo definire facilmente futili motivi (si consideri il bellissimo reportage/saggio di David Foster Wallace "Considera l'aragosta" che ragiona sulle argomentazioni etiche che ci permettono di non considerare il dolore dell'aragosta vero dolore e quindi ci legittimano ad ucciderle immergendole ancor vive nell'acqua bollente: lo scenario è quello della fiera dell'aragosta in una città del Main, dominata da enormi pentoloni fumanti, l'inferno dell'aragosta potremmo dire: arriveremo a parlare delle aragoste come gli stakeholder dei buongustai così come i lavoratori possono essere considerati stakeholder dei capitalisti?)
Insomma, cosa ci insegnano i topi di Glorenza? 






Scorcio di Glorenza (Foto Franziscus Agosto 2013)


domenica 14 luglio 2013

Il curriculum di Malaia







Il mio post precedente voleva sottolineare non solo il coraggio di Malaia, ma anche la grande autorevolezza che le sue parole, il suo modo di porsi e di esprimersi, il suo sguardo, tutta la sua presenza, esprimevano La sua statura fisica di 1,47 e la sua giovanissima età esaltavano ulteriormente questa autorevolezza. La domanda che mi facevo era: da dove proveniva questa autorevolezza. La risposta che davo era dal suo essere portavoce di una forza nuova che a livello globale si sta innalzando dai bambini, dai giovani, dalle donne, una forza che era esaltata dalla sua fragilità fisica: si possono schiacciare tutti i fiori ma non si può arrestare la Primavera. Il suo stesso vestito, lo scialle di Benazir Bhutto, costituisce un riferimento di continuità, un raccogliere il testimone, di una Primavera che non può essere arrestata anche se si schiacciano i singoli fiori. 

Ma Malaia ci ha dato anche una lezione: in modo autorevole ha tracciato uno scenario di riferimento per un programma educativo di base: riferimenti religiosi, innanzi tutto, Maometto, Gesù, Buddha, indicati come "maestri della compassione"; riferimenti all'eredità e alla direzione del cambiamento, Martin Luther King, Nelson Mandela e Muhammad Ali Jinnah (il "padre" del Pakistan); riferimenti alla filosofia e al metodo della non violenza, Ghandi, Bacha Khan (il "Ghandi pakistano) e Maria Teresa di Calcutta; e l'insegnamento del perdono, appreso dai suoi genitori. Malaia, nel momento in cui ha intimato ai potenti di sviluppare tramite l'educazione il diritto all'uguaglianza, ha tracciato un programma educativo che mi sembra dovrebbe essere preso in seria considerazione nelle aule di tutto il mondo e nelle famiglie di tutto il mondo, i pilastri di un nuovo curriculum, un curriculum che tra l'altro costringe alla riflessione sui grandi nodi etici del '900 e le battaglie politiche che intorno a questi si sono realizzate e che oggi dovrebbero essere rivisitate. Credo che molti di noi in Italia e nel mondo occidentale, educati alla non-conoscenza di riferimenti non eurocentrici,  si siano domandati chi mai fossero Bacha Khan e  soprattutto Muhammad Ali Jinnah (che tra l'altro politicamente non erano schierati sulle stesse posizioni negli anni '30, quando si confrontavano diverse linee sull'indipendenza e la nascita della nazione indiana e pakistana) o forse non se lo sono domandati, ma hanno glissato catalogando il riferimento ad una nota esotica. Vorrei allora fornire due citazioni di Muhammad Ali Jinnah (pescate, lo confesso, nella rete): 
"Ho sempre sostenuto che nessuna nazione può mai essere degna della sua esistenza se le sue donne non stanno accanto agli uomini. Nessuna lotta può avere successo se le donne non partecipano accanto agli uomini. Ci sono due poteri nel mondo: uno è la spada, l'altro è la penna. C'è una grande competizione e rivalità tra questi due poteri. Ma c'è un altro potere più forte di entrambi, quello delle donne" (Discorso al Islamia College for Women, 25 Marzo 1940) 
"Noi siamo vittime di costumi diabolici. E' un crimine contro l'umanità che le nostre donne siano ammutolite all'interno delle quattro mura delle case come prigioniere. Non c'è in alcun luogo una sanzione per la deplorevole condizione in cui le nostre donne devono vivere" (Discorso al Meeting of the Mulsim University Union, 10 Marzo, 1944). 

Credo che se prendiamo i riferimenti di Malaia non come richiami di comodo, se non le facciamo il torto di aver voluto fare un discorso di un opportunismo ecumenico per far passare il suo messaggio, ma li prendiamo sul serio, siamo costretti ad affrontare di petto molti luoghi comuni e a considerare, alla luce del nuovo movimento globale di cui Malaia si è fatta autorevole portavoce, anche il difficile tema del pluralismo. Il curriculum che Malaia prospetta per l'education del 2000 non è una passeggiata tra le nuvolette del new age globale, ma un percorso di sviluppo, di allargamento di visione, di apprendimento allargato. 

A ben vedere l'autorità di Malaia e il suo insegnamento non nasce solo dal nuovo movimento sociale e culturale e dall'onda lunga dei movimenti del '900 da lei richiamati, ma anche dalla tribuna delle Nazioni Unite da cui lei è stata invitata a parlare. Non bisogna sottovalutare, come fosse orpello di convenienza, i suoi ringraziamenti iniziali alle autorità, a cominciare dal Segretario Generale Ban Ki-Moon. L'autorità e l'insegnamento di Malaia sono parte di una battaglia politica globale sull'educazione, sui diritti delle donne, sulle nuove frontiere dell'uguaglianza nel mondo di oggi, dove chi ha responsabilità di governo, tutte le autorità e tutti i cittadini del mondo sono chiamati a schierarsi. 








sabato 13 luglio 2013

L'autorevolezza di Malaia


I mass media parlano dell'eroismo di questa ragazza. Nel discorso che ha tenuto all'ONU a me ha colpito soprattutto la sua autorevolezza. Una autorevolezza che deriva dalla sua personale testimonianza e nello stesso tempo dal suo essere veramente "porta-voce", espressione di una nuova cultura globale di liberazione, uguaglianza, diritti di cui sono protagonisti milioni di persone e in particolare bambini e donne nei villaggi e nelle città di tutto il globo e migliaia attivisti sociali, insegnanti, medici.
Questa Voce, con tutta la sua autorevolezza e fermezza,  è stata espressa dalla voce di Malala, vestita con il sahari di  Benazir Bhutto, a rivendicare il carattere fondamentale della "causa dell'istruzione"  per realizzare i diritti all'uguaglianza, alla dignità, alla pace, a cogliere le opportunità per tutti i bambini e i giovani ma in particolare per le bambine e le donne. Questa voce ci ha chiamato alla responsabilità e all'unità dell'impegno. 
"Because we are all together, united for the cause of education. And if we want to achieve our goal, then let us empower ourselves with the weapon of knowledge and let us shield ourselves with unity and togetherness.






In the name of God, The Most Beneficent, The Most Merciful.
Honourable UN Secretary General Mr Ban Ki-moon,
Respected President General Assembly Vuk Jeremic
Honourable UN envoy for Global education Mr Gordon Brown,
Respected elders and my dear brothers and sisters;
Today, it is an honour for me to be speaking again after a long time. Being here with such honourable people is a great moment in my life.
I don't know where to begin my speech. I don't know what people would be expecting me to say. But first of all, thank you to God for whom we all are equal and thank you to every person who has prayed for my fast recovery and a new life. I cannot believe how much love people have shown me. I have received thousands of good wish cards and gifts from all over the world. Thank you to all of them. Thank you to the children whose innocent words encouraged me. Thank you to my elders whose prayers strengthened me.
I would like to thank my nurses, doctors and all of the staff of the hospitals in Pakistan and the UK and the UAE government who have helped me get better and recover my strength. I fully support Mr Ban Ki-moon the Secretary-General in his Global Education First Initiative and the work of the UN Special Envoy Mr Gordon Brown.  And I thank them both for the leadership they continue to give. They continue to inspire all of us to action.
Dear brothers and sisters, do remember one thing. Malala day is not my day. Today is the day of every woman, every boy and every girl who have raised their voice for their rights. There are hundreds of Human rights activists and social workers who are not only speaking for human rights, but who are struggling to achieve their goals of education, peace and equality. Thousands of people have been killed by the terrorists and millions have been injured. I am just one of them.
So here I stand...    one girl among many.
I speak – not for myself, but for all girls and boys.
I raise up my voice – not so that I can shout, but so that those without a voice can be heard.
Those who have fought for their rights:
Their right to live in peace.
Their right to be treated with dignity.
Their right to equality of opportunity.
Their right to be educated.
Dear Friends, on the 9th of October 2012, the Taliban shot me on the left side of my forehead. They shot my friends too. They thought that the bullets would silence us. But they failed. And then, out of that silence came, thousands of voices. The terrorists thought that they would change our aims and stop our ambitions but nothing changed in my life except this: Weakness, fear and hopelessness died. Strength, power and courage was born.  I am the same Malala. My ambitions are the same. My hopes are the same. My dreams are the same.
Dear sisters and brothers, I am not against anyone. Neither am I here to speak in terms of personal revenge against the Taliban or any other terrorists group. I am here to speak up for the right of education of every child. I want education for the sons and the daughters of all the extremists especially the Taliban.
I do not even hate the Talib who shot me. Even if there is a gun in my hand and he stands in front of me. I would not shoot him. This is the compassion that I have learnt from Muhammad-the prophet of mercy, Jesus christ and Lord Buddha. This is the legacy of change that I have inherited from Martin Luther King, Nelson Mandela and Muhammad Ali Jinnah. This is the philosophy of non-violence that I have learnt from Gandhi Jee, Bacha Khan and Mother Teresa. And this is the forgiveness that I have learnt from my mother and father. This is what my soul is telling me, be peaceful and love everyone.
Dear sisters and brothers, we realise the importance of light when we see darkness. We realise the importance of our voice when we are silenced. In the same way, when we were in Swat, the north of Pakistan, we realised the importance of pens and books when we saw the guns.
The wise saying, “The pen is mightier than sword” was true. The extremists are afraid of books and pens. The power of education frightens them. They are afraid of women. The power of the voice of women frightens them. And that is why they killed 14 innocent medical students in the recent attack in Quetta. And that is why they killed many female teachers and polio workers in Khyber Pukhtoon Khwa and FATA. That is why they are blasting schools every day.  Because they were and they are afraid of change, afraid of the equality that we will bring into our society.
I remember that there was a boy in our school who was asked by a journalist, “Why are the Taliban against education?” He answered very simply. By pointing to his book he said, “A Talib doesn't know what is written inside this book.” They think that God is a tiny, little conservative being who would send girls to the hell just because of going to school. The terrorists are misusing the name of Islam and Pashtun society for their own personal benefits. Pakistan is peace-loving democratic country. Pashtuns want education for their daughters and sons. And Islam is a religion of peace, humanity and brotherhood. Islam says that it is not only each child's right to get education, rather it is their duty and responsibility.
Honourable Secretary General, peace is necessary for education. In many parts of the world especially Pakistan and Afghanistan; terrorism, wars and conflicts stop children to go to their schools. We are really tired of these wars. Women and children are suffering in many parts of the world in many ways. In India, innocent and poor children are victims of child labour. Many schools have been destroyed in Nigeria. People in Afghanistan have been affected by the hurdles of extremism for decades. Young girls have to do domestic child labour and are forced to get married at early age. Poverty, ignorance, injustice, racism and the deprivation of basic rights are the main problems faced by both men and women.
Dear fellows, today I am focusing on women's rights and girls' education because they are suffering the most. There was a time when women social activists asked men to stand up for their rights. But, this time, we will do it by ourselves. I am not telling men to step away from speaking for women's rights rather I am focusing on women to be independent to fight for themselves.
Dear sisters and brothers, now it's time to speak up.
So today, we call upon the world leaders to change their strategic policies in favour of peace and prosperity.
We call upon the world leaders that all the peace deals must protect women and children's rights. A deal that goes against the dignity of women and their rights is unacceptable.
We call upon all governments to ensure free compulsory education for every child all over the world.
We call upon all governments to fight against terrorism and violence, to protect children from brutality and harm.
We call upon the developed nations to support the expansion of educational opportunities for girls in the developing world.
We call upon all communities to be tolerant – to reject prejudice based on cast, creed, sect, religion or gender. To ensure freedom and equality for women so that they can flourish. We cannot all succeed when half of us are held back.
We call upon our sisters around the world to be brave – to embrace the strength within themselves and realise their full potential.
Dear brothers and sisters, we want schools and education for every child's bright future. We will continue our journey to our destination of peace and education for everyone. No one can stop us. We will speak for our rights and we will bring change through our voice. We must believe in the power and the strength of our words. Our words can change the world.
Because we are all together, united for the cause of education. And if we want to achieve our goal, then let us empower ourselves with the weapon of knowledge and let us shield ourselves with unity and togetherness.
Dear brothers and sisters, we must not forget that millions of people are suffering from poverty, injustice and ignorance. We must not forget that millions of children are out of schools. We must not forget that our sisters and brothers are waiting for a bright peaceful future.
So let us wage a global struggle against illiteracy, poverty and terrorism and let us pick up our books and pens. They are our most powerful weapons.
One child, one teacher, one pen and one book can change the world. 
Education is the only solution. Education First.


giovedì 4 luglio 2013

La cultura si mangia?



(Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

"Con la cultura non si mangia" fu l'esemplare affermazione di Tremonti che sintetizzava una (diffusa) sconcertante ristrettezza mentale e culturale su quali siano i "beni economici". La risposta (dilagante) è però altrettanto sconcertante, perché assolutamente simmetrica: Non è vero, con la cultura si mangia!  Soprattutto noi in Italia, mettendo a frutto i nostri "tesori" "che tutto il mondo c'invidia" tant'è  che "ce vengono da 'gnidove pe' verdelli", che "je piacerebbe a Londra d'avecce er coliseo!" "stemo seduti su 'na miniera d'oro e non la sapemo sfruttà!".
Nobile gara di alati concetti!
L'idea stessa di cultura si è trasformata in una delle tante rendite cui abbiamo affidato la nostra sopravvivenza familiare e nazionale.


 (Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

Proviamo a guardare dentro questa "parola" e ci troveremo un guazzabuglio di "pacchetti turistici" assemblati alla bell'e meglio secondo i palati e le borse, dalle rovine di Pompei al festival della Taranta, dal melodramma alla Fontana di Trevi, passando, a spintoni, per Rialto o facendo la fila per qualche mega mostra alle Scuderia del Quirinale. Ma in tutto questo  dove è la cultura viva, dove è l'arte della musica, del teatro, della poesia, della pittura, della fotografia, della sceneggiatura e del cinema? Dove è l'ambiente "cultura" deve nascono le idee nuove, dove si inventa e si sperimenta, secondo canoni che non possono essere economici ma devono essere tipici di ciascuna di queste arti e di queste tecniche? Dove sono i laboratori dove arte e scienza si potenziano a vicenda rivoluzionando i canoni e creando nuove prospettive? E' vero, anche da noi si sviluppano movimenti nuovi e l'Italia è ricca ancora di giovani che fanno cose stupende ma la loro passione trova un terreno ostile.  Finché si intenderà la produzione di idee nuove e l'arte, e le nuove frontiere della conoscenza e dell'estetica solo o principalmente come un valore economico o che va giustificato in termini economici invece che di per se stesso, sarà dura e la cappa del provincialismo peserà come uno smog morale sulle nostre città e sui nostri paesi soffocando le passioni e appassendo gli entusiasmi.  I nostri laureati in belle arti per vivere dovranno continuare a fare le guide turistiche o i gestori di B&B (quando va bene) mentre i loro colleghi dei Paesi Europei avranno di fronte opportunità di sviluppo respirando venti continuamente nuovi.


(Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

In altri termini, vi sono campi di attività e professioni che dovrebbero portarci verso il futuro, che dovrebbero curare ed esprimere la nostra anima e i nostri sogni, qualsiasi siano le loro trame e le loro forme, non riempire le nostre pance.   Se questa la chiamiamo "cultura", la cultura è il nostro stesso sguardo, non il passato che abbiamo ereditato e che possiamo vendere nei pacchetti turistici.  
Solo in questo modo è possibile evitare che la cultura sia travolta dal turismo di massa e trasformata in un freak, in un fenomeno da baraccone. Anzi, dobbiamo fermare lo scempio per qualificare anche il turismo a partire dalla cultura. I vantaggi anche economici per tutta la società non tarderanno a farsi sentire! 


(Foto franziscus scattata a Venezia, Punta della Dogana)


giovedì 20 giugno 2013

Miracoli lenti e pratiche di utopie






"Non so chi ha fatto credere che i miracoli esplodano come fulmini. E' per questo che non ne vediamo mai. Ma quando si sa che i miracoli si compiono sotto i nostri occhi, con estrema lentezza, ne vediamo a ogni passo"

(Da Jean Giono, Lettere ai contadini sulla povertà e la pace")

La citazione è staata ripresa dal saggio di Lucia Bertell, "I territori delle economie diverse", in Bertell, Deriu, De Vita, Gosetti, Davide e Golia. La primavera delle economie diverse, Jaka Book, Milano 2013 



Animazione e lettura del racconto di Jean Giono, L'uomo che piantava gli alberi.


venerdì 31 maggio 2013

Democrazia e rete



(foto franciscus)

Innanzi tutto auguri a Stefano Rodotà per i suoi 80 anni. Per ragioni non solo anagrafiche mi sento più vicino alla generazione degli ottantenni che a quella dei sessantenni, pur essendo a metà tra i due gruppi generazionali. Quando preparai la tesi di laurea in filosofia del diritto (siamo nel lontano 1966) dedicata all'importanza che ricopriva nel percorso della democrazia l'inserimento del lavoro nelle costituzioni democratiche moderne, quella italiana in primo luogo, naturalmente, con il suo famoso "articolo 1", già allora Rodotà (il trentenne Rodotà) era un punto di riferimento intellettuale e civile per noi studenti di giurisprudenza desiderosi di comprendere come impegnarci per tradurre la costituzione in pratica, perché i principi non basta mica enunciarli, ma bisogna lavorarci giorno per giorno in un percorso senza fine perché appena ti sembra di aver raggiunto l'obbiettivo, l'obbiettivo si sposta. Lo sapevamo già nei ruggenti anni '60. Alla manifestazione convocata dalla Fiom a piazza S. Giovanni ha parlato anche Rodotà, portando un filo di ragionamento solido come l'acciaio, parlando di diritti sociali, di come la democrazia non possa essere staccata dalla difesa e l'ampliamento di questi riditti e dei diritti collettivo, parlando anche di una nuova frontiere e una nuova sfida per il sindacato. 
Già in un post precedente ho parlato della grande mistificazione (non so se incompetente o ignorante o in malafede) di vedere nella "rete" una frontiera avanzata della democrazia. Se c'era bisogno di sputtanare questa idea una volta per tutte ci ha pensato Grillo e il Movimento 5 Stelle. Usata in questo modo la rete funziona come le bolle speculative, non produce idee e conoscenza, le macina e le sfrutta con velocità incredibile sostituendo l'agorà (dove si costruisce faticosamente la cittadinanza attiva) con la rissa e il comportamento tipico delle folle (virtuali, cioè ancora più volatili e irresponsabilmente violente, buone a decapitare o assaltare i forni ma incapaci di produrre il nuovo).
Nello stesso tempo, quante nuove forme di democrazia stanno nascendo, non solo in Italia, anzi soprattutto fuori d'Italia, dalle nuove forme del "fare" che riescono a valorizzare e difendere l'importanza e la preziosità dei beni comuni nei tanti territori devastati da tanti anni di rapina e appropriazione selvaggia, e intorno a questi  nuovi nuclei riscoprono l'utopia moderna di un mondo di nuove relazioni che parte da un nuovo modo di concepire il lavoro, di fare impresa, di produrre valore. Per rimuovere i massi sulla strada di queste nuove utopie occorrono non solo istituzioni amiche, ma un nuovo modo di "fare istituzione", una nuova istituzionalità che sia facilitante, apprezztiva, delegante e dialogante. E' il terreno in cui vecchie forme di democrazia ancora fondamentali (penso alla rappresentanza e alla democrazia rappresentativa) devono intrecciarsi in modo virtuoso con altre forme di partecipazione e di voce, altri modi di costruzione delle decisioni e delle scelte, altre forme di espressione di desideri e bisogni.  Poiché la nostra società è "complessa", ha bisogno di una democrazia "complessa", cioè insieme articolata, inclusiva, e semplice. E' un grande e appassionante terreno di innovazione sociale in cui le nuove tecnologie di comunicazione possono fornire un potente aiuto se gestite con una competenza che sembra scarseggiare anche tra i suoi presunti guru. Senza di questo la rete funziona solo come una forma (vecchia) di marketing.


Spazio ad anfiteatro gestito dalla cooperativa sociale Utopia 2000 (www.utopia2000.net), che negli ultimi 10 anni ha trasformato il paese di Bassiano (LT) in Borgo Solidale coinvolgendo nelle imprese sociali che da questo lavoro sono gemmate tutta la popolazione a partire dai giovani, con una grande capacità di inclusione. 

(foto franciscus)

mercoledì 1 maggio 2013

Primo maggio della nuova classe operaia


Le manifestazioni del Primo Maggio in Bangladesh, Thailandia e tante altre città asiatiche sono state impressionanti per partecipazione e combattività. In questo mondo globale così allungato ci sono milioni di operai che alzano la testa per i diritti umani minimi, contro la schiavitù, come in Europa e negli Stati Uniti dell''800 e del primo Novecento. C'è una modernità profonda e fondamentale di questo primo maggio che ci ricorda che dietro il mondo liquido e postmoderno ci sono ancora gli orrori dello sfruttamento più selvaggio e di massa.

martedì 30 aprile 2013

Festa del lavoro e della professionalità



E' mia convinzione che molta parte della crisi specifica della società italiana non dipenda da "i politici" o dagli interessi finanziari (la politica e la finanza sono problemi per tutti i paesi, non solo per l'Italia) ma dalle corporazioni professionali. Forse c'entra il rapporto tra la politica (soprattutto quella minuta, locale, di piccolo cabotaggio, quella della dilapidazione della responsabilità a livello dei piccoli interessi, che poi in qualche misura è stata aspirata verso il "centro" romano, ma che si riproduce come pianta infestante alla periferia. Ma lo sfarinamento delle professioni, e dei saperi professionali, e delle responsabilità,  delle deontologie, delle etiche professionali che è venuto di pari passo all'imbarbarimento dei modi di fare carriera o anche di sopravvivere in una "professione" o anche in un lavoro dipendono dalla mancanza di lungimiranza e di responsabilità con cui chi ha rappresentato gli interessi professionali in questi lunghi anni (democristiani e postdemocristiani), hanno "governato" le professioni e il loro cambiamento. Sembra che nessuno sia nostalgico dell'espressione "classe dirigente", ma non è questo che si intende per  merito? O per merito si intende la capacità di giocare meglio le sempre più barbare regole del gioco? Il merito non va formato, non va selezionato, non va educato, non va subordinato ad un'etica che è valore professionale e non solo limite giuridico e penale?
Sì penso anche agli ordini professionali e alle associazioni professionali  tutte tese al proprio riconoscimento ma molto meno al servizio civico dei propri membri.
Lego questo pensiero con una immagine tratta da una delle riprese della tragica sparatoria "di Palazzo Chigi". Guardate le immagini che cominciano tra il 20' e il 25' secondo. Si vede un fotografo che superando con una agilità incredibile, nella confusione generale, mentre tanti scappano o pensano di recuperare le loro biciclette, si precipita velocissimo a fare gli scatti da cui spera di poter trarre un utile, di fare uno scoop. Senza dubbio "si precipita nella notizia". Questa la trovo una immagine violenta: agli spari del piastrellista disoccupato biscazziere disoccupato incazzato a morte contro i politici e in mancanza di meglio contro i carabinieri, o magari gli uscieri, subentrano gli spari degli scatti dei fotografi, l'alluvione di "scoop" sempre più maldestri  che culmina con quella intervista  - sembra chiesta dalla ex moglie e madre -  al figlio undicenne transitata, finché l'indignazione in rete non l'ha bloccata, nei media. Forse nulla di meglio della disperazione del nuovo professionalismo disperato di quella prontezza di riflessi, di quei 5 secondi di immagine.
Ma non è solo il giornalismo o i fotoreporter che trasformano la notizia con lo scoop (perché si vende meglio) a fare tristezza (o indignazione). Come è triste il panorama di tanti nostri "mondi professionali"! Quando si dice che il cambiamento deve venire dal basso, non significa che deve avvenire anche da qui, dalla capacità dei giovani di dire basta all'imbarbarimento del lavoro nelle organizzazioni e nelle professioni? 


"Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.Il ceramista che intuisce un colore e una forma.Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.Chi accarezza un animale addormentato.Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo."
Borges


sabato 6 aprile 2013

L'Aquila

L'Aquila quattro anni dopo 
ricordo, omaggio  e rabbia
 (foto Franciscus)
















 In memoria



Santi in una chiesa costruita in una New Town vicino a L'Aquila


sabato 30 marzo 2013

La sagra che ci appartiene






Le processioni che la notte del giovedì e il giorno del venerdì santo percorrono le città dell'Andalusia sono una celebrazione nella celebrazione. I gruppi di statue che celebrano le fasi della Passione (chiamati pasos), costruiti nel sei e settecento, vengono portati a spalle dai costaleros per le vie della città. Le processioni attraversano i quartieri delle città secondo itinerari e con tempi stabiliti, si incrociano, gareggiano. Trionfanti nel loro dolore sono le madonne, con i volti bellissimi, ricoperte di costumi sfarzosi, contornate da candele, mentre i Cristi gemono scuri, sporchi e feriti  sotto il peso della croce. Le processioni sono accompagnate dalle bande che suonano musiche apposite e interrotte dai canti selle saetas di chiara ascendenza araba. Oggi mi è piaciuto ricordare un anno in cui anche io sono stato in mezzo a quella folla, un anno per me particolare. Aggiungo al filmato della processione della Madonna Macarena di Siviglia un filmato con le saetas e una immagine+++

giovedì 28 marzo 2013

Movimenti contro e movimenti per




Ragionando di stewardship, ambientalismo, sostenibilità, movimenti contro e di denuncia e movimenti per cambiare, assumendosi le responsabilità dei cambiamenti (dilemma storico della nostra generazione di sinistra portato ai suoi estremi caricaturali e drammatici dal M5S9), Papa Francesco e la sua omelia sulla custodia e la cura, l'influenza dei Quaccheri sulla diffusione dell'idea di stewardship richiamata da Paul Jorion in un suo intervento sulla Stewardship of Finance.....ho trovato questo video (che mi sembra molto bello) diffuso da Al Jazeera sulla storia di Greenpeace, che volentieri allego e diffondo perché si tratta di una storia (indubbiamente di successo) su cui riflettere. Questa storia costituisce un intreccio esemplare della strada compiuta da queste idee nel mondo, partendo dalle battaglie contro i test nucleari e contro la guerra per allargarsi poi alle battaglie storiche contro lo sterminio delle balene e delle foche e poi su tanti altri temi di rilevanza ambientalista e collegate con lo sviluppo sostenibile, che hanno sensibilizzato l'opinione pubblica e così costretto i governi nazionali e le istituzioni internazionali a intervenire contro le lobby e gli interessi in gioco.   E' solo un capitolo del cammino delle nuove idee, ma un capitolo importante anche per tutte le "crisi" e le trasformazioni attraverso le quali questa storia (quaranta anni!) è passata, che possono fornire insegnamenti preziosi.

sabato 23 marzo 2013

Salutando la primavera sull'Appia Antica ricordando Pasolini


Ieri mattina ho fatto una bella passeggiata sull'Appia Antica, un modo romano di celebrare questa primavere: olivi, sole, prati fioriti, vestigia romane, pecore al pascolo, alberi e uccelli che celebrano la rinascita.... ma il tocco più suggestivo è il ricordo del mediometraggio di Pasolini, La ricotta, girato in questo scenario e che è evocato nel Museo dell'Appia Antica poco dopo la tomba di Cecilia Metella. In questo film Orson Welles (nelle vesti del regista de la Passione, recita la poesia di Pasolini (che ho fotografato nel Museo). Poiché il film non è molto conosciuto lo accludo: la tristezza e religiosità di questo film sembrano in contrasto con questa luce magica, anzi in qualche modo la falsificano,  perché tutto ci appare ora, dopo aver rivisto il film, falsamente patinato. E' questo contrasto di emozioni che oggi voglio esprimere con il mio post,  in sintonia con il sapore particolare che unisce la primavera e il ricordo della Passione.

giovedì 21 marzo 2013

Per la Giornata mondiale della poesia


Nella giornata mondiale della poesia ricordo Alda Merini con la sua poesia "A tutte le donne"



Alda Merini

A tutte le donne

Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue  sante guerre
per l'emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d'amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere, 
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d'amore.







martedì 19 marzo 2013

Un inno alla stewardship



Il discorso del Papa Francesco è stato tutto dedicato alla cura, alla responsabilità, al potere come servizio: nei confronti degli altri, particolarmente degli ultimi, nei confronti dell'ambiente, nei confronti di noi stessi. E' un intervento tutto in linea con l'enciclica Caritas in Veritas del suo predecessore, ma espressa con una linearità che colpisce come un dardo, con la forza dei simboli e dei gesti. Con questa omelia egli ha posto la stewardship (non usando questo termine, naturalmente, ma quello italiano di custodia) al centro della testimonianza e dell'azione del mondo cattolico e di tutti gli uomini di buona volontà.  Avendo segnalato già in diversi post l'importanza e l'attualità di questa idea ed avendo partecipato alla nascita di una Associazione dedicata alla stewardship (www.stewardship.it), sono felice di condividere le sue parole e invitare tutti i lettori del blog a riflettere sui significati di questo messaggio, che intercetta una domanda che si muove non più soltanto "sottoilpelodellacqua", ma che urge verso un futuro non più dilazionabile. E non è l'unico segnale in questa direzione, per fortuna. Anche per chi non è cattolico, come me, questo richiamo rivoluzionario è attraente e capace di mobilitare le coscienze. 
  

venerdì 15 marzo 2013

Francesco Papa



Altissimu, onnipotente bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedictione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfano,
et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi' Signore cum tucte le Tue creature,
spetialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno, et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si', mi Signore, per sora Luna e le stelle:
in celu l'ài formate clarite et pretiose et belle.
 Laudato si', mi' Signore, per frate Vento
et per aere et nubilo et sereno et onne tempo,
per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento.
 Laudato si', mi Signore, per sor'Acqua.
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si', mi Signore, per frate Focu,
per lo quale ennallumini la nocte:
ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
 Laudato si', mi Signore, per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta et governa,
et produce diversi fructi con coloriti fior et herba.
 Laudato si', mi Signore, per quelli che perdonano per lo Tuo amore
et sostengono infrmitate et tribulatione.
 Beati quelli ke 'l sosterranno in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato s' mi Signore, per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente pò skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate
e serviateli cum grande humilitate.





lunedì 11 marzo 2013

Decent Work, Diritto al lavoro dignitoso







Video dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ginevra)


Lavoro decent, decente, cioè per quelle sottigliezze linguistiche che fanno la differenza, non lavoro "appena decente", ma lavoro dignitoso, cioè che rispetta la dignità del lavoratore. La dignità non è però cosa che possa solo essere rispettata, ma deve prima di tutto essere riconosciuta, apprezzata, valorizzata. Dignità non vuol dire solo rispetto dei singoli diritti del lavoratore, ma attivo riconoscimento della sua soggettività come essere intelligente, sensibile, progettuale, come uomo o donna, come cittadino. 
Non solo diritto al lavoro, ma diritto al lavoro dignitoso: è l'obbiettivo che l'Organizzazione Internazionale del Lavoro promuove a livello di opinione pubblica e di Governi, di forse sindacali e imprenditoriali. 
Siamo consapevoli che un lavoro dignitoso è un diritto? 
Cosa facciamo per vivere questo diritto e perché diventi cultura? 
Come difendiamo questo diritto? 
Sappiamo che cosa significa lavoro dignitoso? 
Possiamo rinunciare a questo diritto? 
Quali sono i costi umani, sociali ed economici del mancato rispetto di questo diritto?




Katesurfing a Ostia (Foto franciscus)

sabato 2 marzo 2013

Declining democracy




Roma, Piazza S. Giovanni, ore 18, mentre si prepara al comizio conclusivo della campagna elettorale di Grillo (foto franziscus)

Non più partiti, non più associazioni, ma blog e internet come luoghi della democrazia? Così sembrerebbe sentendo Grillo, leggendo il blog e i documenti e gli statuti, e leggendo anche il libro a tre scritto da Dario Fo, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, Il grillo canta sempre al tramonto, Chiarelettere, Milano 2013. Non è così, perché Grillo ha portato al potere (primo partito) questo luogo virtuale mediante il voto, non mediante un click, e il voto di quelli che lo hanno votato vale quanto quello degli altri votanti: esige rispetto ma questo rispetto deve essere per tutti i votanti. Questa è il bello della democrazia rappresentativa! E queste sono le istituzioni della democrazia. Inoltre, la maggior parte dei votanti del Movimento è sicuramente analfabeta di internet o non è navigatore tanto esperto e tanto appassionato da renderlo capace di abitare questo nuovo luogo virtuale ma anche utopico della democrazia: basta vedere quanti sono quelli che hanno partecipato alla scelta dei candidati del Movimento 5 Stelle in confronto con quanti si sono scomodati fisicamente ad organizzare e a votare alle primarie del PD. La partecipazione mediante un click di migliaia di persone è più pesante della partecipazione attiva, fisica, di milioni? L'affermazione che quella sulla rete e mediante la rete è la democrazia e quell'altra, quella rappresentativa, non è democrazia è  chiaramente eversivo.
La democrazia rappresentativa, quella alla base della nostra costituzione, per intenderci, così come quella che è alla base di tante nostre istituzioni, è appesantita, incapace di stare al passo dei tempi, è diventata un blocco alla circolazione di idee, risorse e persone tra società e politica, presenta seri problemi quando si tratta di prendere delle decisioni? Certamente! Ma non può essere sostituita (ancora? oggi?)  dalla blogdemocracy, da una dinamica da flash mob o da meeting up e da un processo decisionale "by projects". 
  
Poco più di un anno fa a Firenze, il Centro di Cultura Contemporanea di Palazzo Strozzi organizzò una mostra in cui dodici artisti contemporanei internazionali, usando diverse forme espressive, furono chiamati a rappresentare i valori, le contraddizioni, i paradossi del rapporto tra  società contemporanea e democrazia. Il titolo della mostra era Declining Democracy: democrazia in declino, ma anche diversi modi di declinare il significato della democrazia, diverse democrazie. Percorrendo la mostra, il visitatore attraversava diverse esperienze della declining democracy, diversi modi in cui l'espressione artistica si faceva veicolo di partecipazione e condivisione, un sottile fragile ponte tra utopie e barbarie. "La democrazia è morta; evviva la democrazia!" poteva essere il messaggio di quella mostra (http://www.strozzina.org/declining-democracy)

Il mondo (non solo l'Italia) è oggi un grande laboratorio di nuove espressioni di democrazia che esprime grandi potenzialità. L'equilibrio tra queste diverse forme di democrazia è precario, spesso conflittuale, il rapporto tra istituzioni e movimenti, che sempre è stato difficile, nel momento in cui si affonda nella crisi diventa ancora più difficile e violento, non solo verbalmente. Non possiamo essere schiacciati sotto il peso delle istituzioni nella paura del nuovo o per paura del peggio, ma anche correre dietro ad ogni utopia è rischioso, perché gli effetti non previsti possono essere devastanti e possono andare nella direzione opposta a quella auspicata. Il '900 qualcosa dovrebbe avere insegnato!
E allora penso che tutti dovremmo esercitarci nella difficile arte di declinare (combinare, arricchire reciprocamente e reciprocamente rafforzare) nuove combinazioni di democrazia, di partecipazione, di  coinvolgimento e imparare in questo modo a vivere e pensare in modo diverso in tutti gli ambiti della vita civile, dai luoghi di lavoro al Parlamento alle comunità del territorio. E in questo modo sviluppare anche nuove forme di responsabilità reciproca, nuovi modi di decidere e di condividere.    

Un'esperienza tra le tante che stanno realizzandosi e che possono esemplificare, nel piccolo, il nuovo modo di affrontare questa complessità: quella realizzata a Capannori, un piccolo (per numero di abitanti) ma ampio comune in provincia di Lucca, in cui la democrazia rappresentativa è stata esercitata insieme ad altre forme di partecipazione e democrazia in modo da produrre comunità, progetti condivisi, "territorio", educazione, economia. Accludiamo un servizio di Report dedicato a questa esperienza, con interviste al sindaco Del Ghingaro (per ulteriori riferimenti cfr. http://www.delghingaro.it). Per la cronaca, i risultati elettorali in questo comune sono stati  in linea con quelli nazionali e la declinazione di diverse forme di democrazia è stata alimentata anche dalla diversa dinamica (virtuosa) tra le forze politiche, e in particolare tra il Movimento 5 Stelle e il PD, ma andando oltre le forze politiche educando i cittadini a un nuovo modo di partecipare e di vivere la democrazia nelle sue diverse forme. 






Come far convivere queste diverse forme di democrazia, che comprendono oltre i movimenti e le forme di blogdemocracy anche le lobby e i gruppi di interesse, i partiti politici, i sindacati e le associazioni?  Vi sono arretratezze, deviazioni, la democrazia rappresentativa ha il respiro pesante e magari anche il fiato che puzza, ma dichiararla morta per decreto è un atto di fascismo compiuto in nome del  futurismo della rete (nuova espressione di movimentismo), che contraddice le realtà che oggi tentano questa strada realmente pluralista educando anche alle nuove forme di democrazia e che rischia di bruciare in una fiammata il nuovo di cui abbiamo disperatamente bisogno e di indebolire le fondamenta istituzionali della democrazia sia a livello locale che nazionale e internazionale. L'assalto alla democrazia rappresentativa, il rifiuto delle pastoie, dei riti, delle pesantezze della democrazia rappresentativa, è sempre stato l'alibi del golpismo della anti-democrazia, per non parlare della eversione di considerarsi come l'unica e vera espressione del "popolo". Oppure, come le esperienze delle primavere arabe stanno dimostrando, dopo le primavere possono venire gli inverni, o perlomeno gli autunni.  La via della democrazia non è mai stata facile e spesso, prima di produrre nuove regole, produce risultati drammatici. Forse prevale la paura del nuovo, di lasciarsi andare alle fascinazioni? Credo che il mio sia anche un rifiuto di cadere nei movimenti delle mode e nelle trappole del marketing, anche quando si presentano con le caratteristiche travolgenti dei fad (picchi parossistici ma di breve durata di diffusione epidemica dei comportamenti) o degli tzunami.