Roma, Piazza S. Giovanni, ore 18, mentre si prepara al comizio conclusivo della campagna elettorale di Grillo (foto franziscus)
Non più partiti, non più associazioni, ma blog e internet come luoghi della democrazia? Così sembrerebbe sentendo Grillo, leggendo il blog e i documenti e gli statuti, e leggendo anche il libro a tre scritto da Dario Fo, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, Il grillo canta sempre al tramonto, Chiarelettere, Milano 2013. Non è così, perché Grillo ha portato al potere (primo partito) questo luogo virtuale mediante il voto, non mediante un click, e il voto di quelli che lo hanno votato vale quanto quello degli altri votanti: esige rispetto ma questo rispetto deve essere per tutti i votanti. Questa è il bello della democrazia rappresentativa! E queste sono le istituzioni della democrazia. Inoltre, la maggior parte dei votanti del Movimento è sicuramente analfabeta di internet o non è navigatore tanto esperto e tanto appassionato da renderlo capace di abitare questo nuovo luogo virtuale ma anche utopico della democrazia: basta vedere quanti sono quelli che hanno partecipato alla scelta dei candidati del Movimento 5 Stelle in confronto con quanti si sono scomodati fisicamente ad organizzare e a votare alle primarie del PD. La partecipazione mediante un click di migliaia di persone è più pesante della partecipazione attiva, fisica, di milioni? L'affermazione che quella sulla rete e mediante la rete è la democrazia e quell'altra, quella rappresentativa, non è democrazia è chiaramente eversivo.
La democrazia rappresentativa, quella alla base della nostra costituzione, per intenderci, così come quella che è alla base di tante nostre istituzioni, è appesantita, incapace di stare al passo dei tempi, è diventata un blocco alla circolazione di idee, risorse e persone tra società e politica, presenta seri problemi quando si tratta di prendere delle decisioni? Certamente! Ma non può essere sostituita (ancora? oggi?) dalla blogdemocracy, da una dinamica da flash mob o da meeting up e da un processo decisionale "by projects".
Poco più di un anno fa a Firenze, il Centro di Cultura Contemporanea di Palazzo Strozzi organizzò una mostra in cui dodici artisti contemporanei internazionali, usando diverse forme espressive, furono chiamati a rappresentare i valori, le contraddizioni, i paradossi del rapporto tra società contemporanea e democrazia. Il titolo della mostra era Declining Democracy: democrazia in declino, ma anche diversi modi di declinare il significato della democrazia, diverse democrazie. Percorrendo la mostra, il visitatore attraversava diverse esperienze della declining democracy, diversi modi in cui l'espressione artistica si faceva veicolo di partecipazione e condivisione, un sottile fragile ponte tra utopie e barbarie. "La democrazia è morta; evviva la democrazia!" poteva essere il messaggio di quella mostra (http://www.strozzina.org/declining-democracy).
Il mondo (non solo l'Italia) è oggi un grande laboratorio di nuove espressioni di democrazia che esprime grandi potenzialità. L'equilibrio tra queste diverse forme di democrazia è precario, spesso conflittuale, il rapporto tra istituzioni e movimenti, che sempre è stato difficile, nel momento in cui si affonda nella crisi diventa ancora più difficile e violento, non solo verbalmente. Non possiamo essere schiacciati sotto il peso delle istituzioni nella paura del nuovo o per paura del peggio, ma anche correre dietro ad ogni utopia è rischioso, perché gli effetti non previsti possono essere devastanti e possono andare nella direzione opposta a quella auspicata. Il '900 qualcosa dovrebbe avere insegnato!
E allora penso che tutti dovremmo esercitarci nella difficile arte di declinare (combinare, arricchire reciprocamente e reciprocamente rafforzare) nuove combinazioni di democrazia, di partecipazione, di coinvolgimento e imparare in questo modo a vivere e pensare in modo diverso in tutti gli ambiti della vita civile, dai luoghi di lavoro al Parlamento alle comunità del territorio. E in questo modo sviluppare anche nuove forme di responsabilità reciproca, nuovi modi di decidere e di condividere.
Un'esperienza tra le tante che stanno realizzandosi e che possono esemplificare, nel piccolo, il nuovo modo di affrontare questa complessità: quella realizzata a Capannori, un piccolo (per numero di abitanti) ma ampio comune in provincia di Lucca, in cui la democrazia rappresentativa è stata esercitata insieme ad altre forme di partecipazione e democrazia in modo da produrre comunità, progetti condivisi, "territorio", educazione, economia. Accludiamo un servizio di Report dedicato a questa esperienza, con interviste al sindaco Del Ghingaro (per ulteriori riferimenti cfr. http://www.delghingaro.it). Per la cronaca, i risultati elettorali in questo comune sono stati in linea con quelli nazionali e la declinazione di diverse forme di democrazia è stata alimentata anche dalla diversa dinamica (virtuosa) tra le forze politiche, e in particolare tra il Movimento 5 Stelle e il PD, ma andando oltre le forze politiche educando i cittadini a un nuovo modo di partecipare e di vivere la democrazia nelle sue diverse forme.
Come far convivere queste diverse forme di democrazia, che comprendono oltre i movimenti e le forme di blogdemocracy anche le lobby e i gruppi di interesse, i partiti politici, i sindacati e le associazioni? Vi sono arretratezze, deviazioni, la democrazia rappresentativa ha il respiro pesante e magari anche il fiato che puzza, ma dichiararla morta per decreto è un atto di fascismo compiuto in nome del futurismo della rete (nuova espressione di movimentismo), che contraddice le realtà che oggi tentano questa strada realmente pluralista educando anche alle nuove forme di democrazia e che rischia di bruciare in una fiammata il nuovo di cui abbiamo disperatamente bisogno e di indebolire le fondamenta istituzionali della democrazia sia a livello locale che nazionale e internazionale. L'assalto alla democrazia rappresentativa, il rifiuto delle pastoie, dei riti, delle pesantezze della democrazia rappresentativa, è sempre stato l'alibi del golpismo della anti-democrazia, per non parlare della eversione di considerarsi come l'unica e vera espressione del "popolo". Oppure, come le esperienze delle primavere arabe stanno dimostrando, dopo le primavere possono venire gli inverni, o perlomeno gli autunni. La via della democrazia non è mai stata facile e spesso, prima di produrre nuove regole, produce risultati drammatici. Forse prevale la paura del nuovo, di lasciarsi andare alle fascinazioni? Credo che il mio sia anche un rifiuto di cadere nei movimenti delle mode e nelle trappole del marketing, anche quando si presentano con le caratteristiche travolgenti dei fad (picchi parossistici ma di breve durata di diffusione epidemica dei comportamenti) o degli tzunami.
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