domenica 29 aprile 2012

No Human Relations

Un'altra animazione, il cui titolo ironico potrebbe essere "relazioni non umane: youtube.kyooyan.net/v/21H8C-ruk7w

Forest

Una animazione di David Sharf sulla alienazione, sul dolore del sentirsi soli, sulla rottura della naturalità e la difficile strada per recuperarla. www.youtube.com/watch?v=ilWWl4UdN74 -

sabato 28 aprile 2012

EMOTIONS

In the Statistics of my blog I see that a friend of mine is following me from Russia. I suppose he is a dearest japanese colleague I don't see from many years. Some months ago a close friend of mine deleted my friendship in Facebook. Worm and freezing feelings sweep the frivolous land of Facebook and Blogs. If you learn to use and understand these channels of communication and get used with the e-etiquette the frivolous flow of chatters and gossips can become serious indeed, new tools for kindness and caring or rudeness and violence you didn't expect. To my "old" japanese friend a song I know he loves http://www.youtube.com/watch?v=d_mLFHLSULw

venerdì 27 aprile 2012

La tortura del clown

Visto: mostra di Bruce Nauman a Punta della Dogana - Venezia Nel video Clown Torture (I’m sorry and no, no, no), del 1987, due schermi si fronteggiano. Mentre sul primo un clown ripete senza sosta la frase “I’m sorry for what I did. I don’t know why I did it” (“Mi dispiace per quello che ho fatto, non so perché l’ho fatto”), sullo schermo opposto un Pierrot grida all’infinito “No. No. No. No.” A cavallo tra commedia e dramma, l’opera, segnata dai motivi dell’alienazione e della chiusura, mette a nudo l’impossibilità di comunicare. La serie del Clown (seconda metà degli anni '80) è composta da molte opere tipo:www.youtube.com/watch?v=YorcQscxV5Y. Comunque il grido "Mi dispiace per quello che ho fatto, non so perché l’ho fatto” e il controcanto del pierrot che con tutto il suo corpo grida ossessivamente no, no, no, è veramente efficace per esprimere il senso di colpa impotente.

martedì 17 aprile 2012

Partecipazione, Apprezzativatività, Azione e Riflessività, e conflitto

Negli ultimi anni ho lavorato nella didattica e in progetti formativi cercando di applicare una metodologia che è stata definita dal suo ideatore, Tony Ghaye, PAAR (Participative, Appreciative Action and Reflection. Ho anche partecipato alla pubblicazione di un libro su questo tema, tratto da un Progetto Europeo “Leonardo”, il cui titolo è ”Riflettere per trasformare” (Roma, Carocci, 2011).
La simultanea attenzione alle quattro “dimensioni” che questa metodologia intende attivare mette in moto dei processi molto complessi di trasformazione. Tuttavia è molto difficile che vi siano le condizioni necessarie per attivare simultaneamente tutte e quattro le dimensioni. Recentemente ho vissuto delle situazioni di conflitto (quel tipo di conflitto “brutto”, analogo, anche se in forma ridotta, a certi divorzi o successioni ereditarie, in cui gli aspetti simbolici sono più importanti del calcolo razionale degli interessi e in cui vi è il collasso della costruzione di senso). Mi sono domandato che rapporto c'è tra la metodologia PAAR e il conflitto, se la metodologia PAAR riesce a far affrontare meglio, a elaborare, il conflitto. In tutti i casi in cui ho fatto formazione il tema del conflitto è emerso, così come la logica dei “tormentoni”, la sindrome paranoide del “noi/loro, e perché ho visto persone molto brave ad operare con la metodologia PAAR che non lo erano altrettanto nella gestione di un conflitto per riparare il tessuto comunicativo e relazionale lacerato, soprattutto quando vi erano coinvolte personalmente. Contemporaneamente, sto sviluppando rapporti con un centro di mediazione con una vasta esperienza in questo campo (www.mediazioneiris.com) che, a seguito di un intervento formativo svolto insieme, ha individuato la metodologia PAAR come un contributo utile per la propria pratica. Io mi domando anche quale arricchimento può portare una riflessione sui conflitti al potenziamento della metodologia PAAR. La metodologia PAAR fa leva sulla positività, sulle risorse, sulle “forze” che le persone o le organizzazioni possono attivare. Questo è un modo potente per “rompere”, almeno sospendere momentaneamente, la spirale dei tormentoni e superare la paralisi delle contrapposizioni. Tuttavia perché PAAR sviluppi effettivamente una forza trasformativa dovrebbe essere più consapevole dei bisogni profondi che i conflitti esprimono, per poterli trasformare in forza di trasformazione. PAAR è una metodologia che ha una forte valenza etica. Anche il modo in cui si affronta e si gestisce un conflitto la ha. Ma l'etica non è la “legge” alla quale far corrispondere le nostre azioni. L'etica è il modo di comportarsi “giusto” nel contesto e nella situazione specifica, e la definizione di cosa significhi quel “giusto” non può essere prodotta da una decisione unilaterale, ma può solo essere generata da una relazione e da un processo dialogico che includa l'altro e che quindi si muova sulla strada di una mediazione ed elaborazione del conflitto (spesso di un lutto) e di una qualche forma di riparazione, anche e soprattutto “ripartendo da sé”.

giovedì 12 aprile 2012

i nostri pensieri hanno la nostra firma

Negli ultimi tempi ho avuto l'occasione di riflettere a lungo sul tema della responsabilità anche perché il 23 marzo si è tenuto a Roma un convegno sulla Stewardship (che significa responsabilità nei confronti di beni che non ci appartengono e di cui quindi occorre rendere conto) (www.stewardship.it). Quando si parla di responsabilità si pensa alle responsabilità (personale, professionale, economica) nei confronti degli altri. Ma è importante ricordarsi anche di una responsabilità di cui non si parla molto spesso, che è la responsabilità nei confronti dei propri pensieri. Non solo le nostre azioni, ma anche i nostri pensieri portano la nostra firma e influenzano la qualità della nostra vita, di quella di chi ci circonda e del nostro ambiente. Se produciamo pensieri positivi, apprezzativi, di valorizzazione, influiamo positivamente, in modo apprezzativo, sul nostro ambiente. Se abbiamo pensieri negativi, di aggressività, di rancore, influiamo in modo negativo nei confronti del nostro ambiente e quindi anche di noi stessi. Sempre di più capita di sentire persone che raccontano di tanta sofferenza, di una qualità della vita infima, di un imbarbarimento dei comportamenti. Contro tutto questo abbiamo la libera scelta di sentirci responsabili nei confronti dei nostri stessi pensieri, di non diventare rancorosi, di non abbrutirci (o abbruttirci). Non possiamo gestire i nostri pensieri come se fossero solo nostri. Essi non ci appartengono anche se siamo noi stessi a generarli ed hanno la nostra firma. In questo la nostra massima libertà e la nostra massima responsabilità coincidono. Ed è quando tutto questo è più difficile, quando i pensieri negativi ci dominano nei tormentoni quotidiani, quando la "mente scimmia" ci impedisce di ascoltare la voce interiore,la nostra positività, quando il pensiero dominate è assillato dalla sensazione della vulnerabilità che sovrasta quella del nostro valore, che siamo chiamati a questa responsabilità e a questa libertà con maggiore impegno.

lunedì 9 aprile 2012

insieme: quando la fede smuove le montagne

www.youtube.com/watch?v=4eNuqLnFaYA

Questo corto potrebbe essere chiamato anche "quando la cooperazione muove le montagne", o "quando l'arte muove le montagne". Un artista perfomar (Francis Alys) convince, con l'aiuto di un istituto universitario, la popolazione di un quartiere povero di Lima (500 persone circa) ad armarsi di pale e a spostare di un metro una duna. L'azione non ha scopo, ma ha un risultato che mette in luce che, anche senza scopo, la cooperazione è possibile. E' empowerment allo stato puro. Naturalmente queste 500 persone hanno partecipato all'azione senza pretendere niente in cambio e come frutto di una libera scelta! Sennò non ci sarebbe stato empowerment, come nel caso delle masse di servi e schiavi impegnate dai faraoni per costruire le piramidi.... il filmato è stato presentato in Italia ultimamente nella mostra "Declining Democracy" che è stata allestita alcuni mesi fa presso Palazzo Strozzi a Firenze.

domenica 8 aprile 2012

Here comes the sun! Buona Pasqua

http://www.youtube.com/watch?v=tbMCjuHsT7A&feature=fvwrel

Here comes the sun, here comes the sun,
And I say it's all righthere comes the sun
Little darling, it's been a long cold lonely winter
Little darling, it feels like years since it's been here
Here comes the sun, here comes the sun
And I say it's all right
Little darling, the smiles returning to their faces
Little darling, it seems like years since it's been here
Here comes the sun, here comes the sun
And I say it's all right

Sun, sun, sun, here it comes...
Sun, sun, sun, here it comes...
Sun, sun, sun, here it comes...
Sun, sun, sun, here it comes...
Sun, sun, sun, here it comes...

Little darling, I feel that ice is slowly melting
Little darling, it seems like years since it's been clear
Here comes the sun, here comes the sun,
And I say it's all right
Here comes the sun, here comes the sun,
It's all right, it's all right

domenica 1 aprile 2012

Insieme

Interrompo la serie un po' intimista dei miei post per segnalare l'ultimo libro di Richard Sennett, Insieme, Rituali, piaceri, politiche della collaborazione (Feltrinelli, 2012). Da più di venti anni, quando scoprii il suo saggio "Gli usi del disordine" e soprattutto "Le ferite nascoste della classe" lo ho considerato un "amico" forse per le stesse ragioni per cui alcuni lo criticano, per la sua capacità di stare dentro i dilemmi, di guardarli in faccia, di trasformarli in consapevolezza riflessiva. I libri di Sennett si costruiscono gli uni sugli altri, secondo un procedimento che non è mai rettilineo, ma a spirale, non è mai dialettico (per tesi contrapposte che dovrebbero procedere verso una sintesi), ma dialogico. Questo procedimento dialogico lo porta a muoversi spostando il suo punto di vista senza un fine predeterminato, anche se non senza uno "schema". "Insieme" è un testo di grande attualità che tocca temi cruciali per la sinistra oggi, quali quelli della partecipazione, dell'alterità e delle pratiche di collaborazione e di come declinare insieme collaborazione e competitività. Segnalo questo testo come un dono e mi piacerebbe condividere la sua lettura e sviluppare le sue implicazioni