martedì 17 aprile 2012

Partecipazione, Apprezzativatività, Azione e Riflessività, e conflitto

Negli ultimi anni ho lavorato nella didattica e in progetti formativi cercando di applicare una metodologia che è stata definita dal suo ideatore, Tony Ghaye, PAAR (Participative, Appreciative Action and Reflection. Ho anche partecipato alla pubblicazione di un libro su questo tema, tratto da un Progetto Europeo “Leonardo”, il cui titolo è ”Riflettere per trasformare” (Roma, Carocci, 2011).
La simultanea attenzione alle quattro “dimensioni” che questa metodologia intende attivare mette in moto dei processi molto complessi di trasformazione. Tuttavia è molto difficile che vi siano le condizioni necessarie per attivare simultaneamente tutte e quattro le dimensioni. Recentemente ho vissuto delle situazioni di conflitto (quel tipo di conflitto “brutto”, analogo, anche se in forma ridotta, a certi divorzi o successioni ereditarie, in cui gli aspetti simbolici sono più importanti del calcolo razionale degli interessi e in cui vi è il collasso della costruzione di senso). Mi sono domandato che rapporto c'è tra la metodologia PAAR e il conflitto, se la metodologia PAAR riesce a far affrontare meglio, a elaborare, il conflitto. In tutti i casi in cui ho fatto formazione il tema del conflitto è emerso, così come la logica dei “tormentoni”, la sindrome paranoide del “noi/loro, e perché ho visto persone molto brave ad operare con la metodologia PAAR che non lo erano altrettanto nella gestione di un conflitto per riparare il tessuto comunicativo e relazionale lacerato, soprattutto quando vi erano coinvolte personalmente. Contemporaneamente, sto sviluppando rapporti con un centro di mediazione con una vasta esperienza in questo campo (www.mediazioneiris.com) che, a seguito di un intervento formativo svolto insieme, ha individuato la metodologia PAAR come un contributo utile per la propria pratica. Io mi domando anche quale arricchimento può portare una riflessione sui conflitti al potenziamento della metodologia PAAR. La metodologia PAAR fa leva sulla positività, sulle risorse, sulle “forze” che le persone o le organizzazioni possono attivare. Questo è un modo potente per “rompere”, almeno sospendere momentaneamente, la spirale dei tormentoni e superare la paralisi delle contrapposizioni. Tuttavia perché PAAR sviluppi effettivamente una forza trasformativa dovrebbe essere più consapevole dei bisogni profondi che i conflitti esprimono, per poterli trasformare in forza di trasformazione. PAAR è una metodologia che ha una forte valenza etica. Anche il modo in cui si affronta e si gestisce un conflitto la ha. Ma l'etica non è la “legge” alla quale far corrispondere le nostre azioni. L'etica è il modo di comportarsi “giusto” nel contesto e nella situazione specifica, e la definizione di cosa significhi quel “giusto” non può essere prodotta da una decisione unilaterale, ma può solo essere generata da una relazione e da un processo dialogico che includa l'altro e che quindi si muova sulla strada di una mediazione ed elaborazione del conflitto (spesso di un lutto) e di una qualche forma di riparazione, anche e soprattutto “ripartendo da sé”.

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