sabato 13 ottobre 2012

La gioia del camminare






Spesso capita di sentire parlare di un chilometro come di una distanza enoooorme!  Da percorrere a piedi, naturalmente. Il rapporto tra corpo e ambiente si è spezzato in molti modi, uno di questi è la perdita del camminare come pratica normale di locomozione ma anche di pensiero, di comunicazione di costruzione della visione. Nel mondo in cui lo show si è sostituito allo sguardo le immagini scorrono davanti a corpi immobili, a occhi sgranati, pura ottica di ricezione tra impulsi luminosi e cervello. Camminare significa riconquistare lo sguardo, la capacità di essere nel mondo e non solo spettatori del mondo. Non è solo una questione di salute fisica, di circolazione del sangue, di regolazione del metabolismo, ma di respiro, di ritmo, di meditazione, di sguardo, appunto.

Dall'introduzione del libro di Rebecca Solnit, Storia del camminare (Mondadori 2002)

"Da dove si comincia? I muscoli si tendono. Una gamba è il pilastro che sostiene il corpo eretto tra cielo e terra. L'altra, un pendolo che oscilla da dietro. Il tallone tocca terra. Tutto il peso del corpo rolla in avanti sull'avampiede. L'alluce prende il largo, ed ecco, il peso del corpo, in delicato equilibrio, si sposta di nuovo.Le gambe si danno il cambio. Si parte con un passo, poi un altro e un altro ancora che, sommandosi come lievi colpi su un tamburo, formano un ritmo: il ritmo del camminare. La cosa più ovvia e più oscura del mondo è questo camminare, che si smarrisce così facilmente nella religione, la filosofia, il paesaggio, la politica urbana, l'anatomia, l'allegoria e il crepacuore.
La storia del camminare è una storia non scritta, segreta, i cui frammenti si possono rintracciare con parole semplici in migliaia di passi di libri come anche di canzoni, nelle strade e in quasi tutte le avventure di ciascuno di noi. La storia corporea del camminare è quella dell'evoluzione del bipedismo e dell'anatomia umana. Per la maggior parte del tempo, camminare è un atto puramente pratico, il mezzo locomotorio inconsapevole tra due luoghi. Trasformarlo in un'indagine, un rituale, una meditazione, è farne un particolare sottoinsieme del camminare, fisiologicamente simile ma filosoficamente dissimile al modo in cui il postino porta la posta e l'impiegato prende il treno. Il che vuol dire che la materia del camminare riguarda, in un certo senso, il modo in cui attribuiamo significati particolare ad atti universali.  Come il mangiare o il respirare, così il camminare può essere investito di significati culturali completamente diversi, da quelli erotici a quelli spirituali, da quelli sovversivi a quelli artistici. E' qui che questa sua storia comincia a fare parte della storia dell'immaginazione e della cultura, e della storia dei generi di piacere, di libertà e di significato che vengono perseguiti in tempi diversi da diversi tipi di camminate e di camminatori. L'immaginazione ha modellato gli spazi che attraversa, e da questi è stata a propria volta modellata. Il camminare ha creato sentieri, strade, rotte commerciali: ha generato concezioni di spazio locali e transcontinentali: ha conformato città, parchi; prodotto mappe, guide, attrezzature e, ancora, una vasta biblioteca di racconti e poemi che ci parlano di camminate, pellegrinaggi, spedizioni alpinistiche, vagabondaggi, e anche di picnic estivi. I paesaggi, urbani e rurali, sono gestatori di racconti, e i racconti ci riportano ai luoghi di questa storia".

Ricordo il piacere di libertà la prima volta che misi gli scarponi ai piedi e mossi i miei primi passi sui sentieri di montagna e poi il piacere di guardarsi intorno e vedere la vallata lontana da cui si è partiti solo tre, quattro ore prima, il senso di forza, sì, di potere, che quella distanza coperta solo con i miei piedi mi trasmetteva! Come è povera al confronto l'esperienza di chi raggiunge un punto elevato da cui si scopre un paesaggio mozzafiato in un quarto d'ora di funivia!
E ricordo, ancora prima, l'emozione della prima volta che andai con mio padre in montagna, sopra Monte Luco, che sovrasta Spoleto, quando mio padre mi disse: "Qui dovremmo essere oltre i mille metri!"

Domani in tutta Italia gli amanti del camminare, gli amanti dello slow travel,  si sono dati appuntamento per trovare insieme al gioia di riconquistare lo spazio e lo sguardo. E' un atto politico di scoperta del territorio, dei suoi anfratti, di ciò che non si vede spostandosi con la macchina o dall'autobus.

Per maggiori informazioni vedi: www.gornatadelcamminare@federtrek.com

Per altri libri, oltre a quello della Sonit (Rebecca Solnit, Storia del camminare, Mondadori, 2002)

Italo Testa (a cura di), Pensieri viandanti. Antropologia ed estetica del camminare, Diabasis, 2008
Italo Testa (a cura di), Pensieri viandanti 2. Etica del camminare, Diabasis, 2008.
Demetrio Duccio, Filosofia del camminare. Esercizi di meditazione mediterranea, Cortina Raffaello, 2005
Wolkescapes. Camminare come pratica estetica, Einaudi 2006.
Sabelli Fioretti Claudio, Lauro Giorgio, A piedi, Chiarelettere, 2007.
E altri.....

Naturalmente sarebbe meglio andare a piedi dal libraio piuttosto che ordinarli con Amazon facendo camminare....  il postino.


venerdì 12 ottobre 2012

Marte



Da Cronache marziane, il capolavoro di Ray Bradbury (Oscar Mondadori, numerose ristampe). pp. 130 e sgg.

Incontro di notte

Prima di avviarsi su per le colline azzurre, Tomàs Gomez si fermò a fare il pieno di benzina davanti al solitario posto di rifornimento.
- Un luogo piuttosto isolato questa, eh, nonno? - disse Tomàs.
- Non c'è male.
- Ti piace Marte, nonno?
- Molto.C'è sempre qualcosa di nuovo. Decisi quando venni qui, l'anno scorso, di non aspettarmi nulla, di non chiedere nulla, di non stupirmi di nulla. Dobbiamo dimenticare la Terra e la vita che ci facevamo. Dobbiamo tener presente il motivo per cui siamo qui e la diversità di questo mondo. Io mi sono divertito straordinariamente solo a vedere il tempo che ci fa, su questo pianeta. E' meteorologia marziana, capisci? Caldo infernale di giorno, freddo dannato la notte. E la soddisfazione che si ha a vedere come sono diversi i fiori, come è differente la pioggia, dove la metti? Sono venuto su Marte quando sono andato in pensione e ho voluto andare in pensione in un posto dove tutto fosse diverso. Un vecchio ha bisogno di avere intorno delle cose diverse. I giovani si annoiano a parlare con un vecchio e gli altri vecchi lo annoiano terribilmente. Per cui pensai che la cosa migliore per me fosse scegliere un posto così diverso che bastasse aprire gli occhi intorno per divertirsi. Sono riuscito a ottenere questa stazione di rifornimento. Se ci sarà da sgobbare troppo, mi trasferirò su qualche altra arteria meno densa di traffico, dove mi sia possibile guadagnare abbastanza da vivere e insieme avvertire la differenza delle cose, qui.
- E l'hai pensata giusta, nonno - disse Tomàs, le mani brune abbandonate languidamente sul volante. Era contento, a suo agio. Aveva lavorato sodo per dieci giorni di fila in una delle nuove colonie ed ora sveva due giorni di ferie e si stava recando a una festicciola.
- Non c'è più nulla che mi stupisca, ormai riprese il vecchio.
Mi limito a guardare intorno. A fare prove. Se non puoi prendere Marte per quello che è, tanto vale tornare sulla Terra. Tutto è pazzo quassù, il suolo, l'aria, i canali, gli indigeni (io non ne ho visto mai uno, ma sento dire che se ne vedono) gli orologi.
Perfino il mio orologio si comporta da pazzo. Perfino il tempo fa il pazzo quassù. Talvolta sento che sono qui tutto solo, che non c'è nessun altro su tutto questo pianeta matto. Ci scommetterei non so che, su questo pianeta. A volte è come se non avessi più di otto anni, col corpo tutto striminzito e ogni altra cosa grande, alta, che mi schiaccia. Gesù, questo è il pianeta che ci vuole a un vecchio. Mi tiene sveglio, mi tiene allegro, Vuoi sapere cos'è Marte? E' come un regalo che mi fecero per Natale settant'anni fa (non so se ne hai mai avuto uno)... li chiamavano caleidoscopi,  eran fatti di pezzettini di vetro e di stoffa, di perline, di cianfrusaglie, insomma. Lo guadavi controluce e... ti toglieva il fiato. Quanti disegni, immagini, figure, ci vedevi! Ebbene, Marte è così. Godilo. Non chiedergli di essere qualche altra cosa. Gesù, ma lo sai che quella magnifica strada fra i monti, costruiti dai marziani, ha più di sedici secoli ed è ancora in buone condizioni? E' un dollaro e cinquanta cents.  Grazie e buon viaggio.
Tomàs si lanciò sull'antica autostrada, ridendo in silenzio tra sé.

(.....)




lunedì 8 ottobre 2012

Curve di apprendimento



Da quando, il primo  di gennaio del 2012  ho smesso di fare il mio lavoro "per raggiunto limite di età" ho dovuto abbandonare molte consuetudini che prima cadenzavano e riempivano il mio tempo e focalizzavano le mie energie e il mio impegno e nello stesso tempo sono entrato in una nuova fase di apprendimenti accelerati.
Ogni cambiamento significativo della  vita rende obsolete  molte informazioni, abilità, competenze che ci davano una certa sicurezza e prevedibilità nei nostri comportamenti, nelle aspettative degli altri, nelle nostre stesse aspettative e ciò crea inevitabilmente un qualche tipo di sbilanciamento anche perché,  insieme, cessano anche i rapporti con le persone con cui queste competenze erano condivise. In una certa misura muori, tanto più se avevi vissuto la tua vita precedente con passione ed entusiasmo, come una trasmissione e uno scambio di valori. Penso che questa morte - e il portato di vulnerabilità che essa comporta - vada guardata in faccia, non vada ignorata, vada vista come una opportunità di distacco, di alleggerimento. Penso che dobbiamo arricchirci dell'esperienza della nostra vulnerabilità. Nello stresso tempo, quasi senza interruzione, è necessario dischiudersi alla disponibilità di gestire situazioni nuove, per noi spesso inedite, sia che siano il frutto di una meccanica quieta invasione di piccole incombenze che svolgevi pure prima ma cui avevi dedicato scarsa attenzione, sia che  si tratti di nuovi impegni e nuove attività. Non tutti affrontano nello stesso modo questo cambiamento. Per molti è faticoso, stressante, umiliante. Quanti uomini, rimasti soli per la perdita del proprio coniuge, non riescono ad imparare a cucinarsi neppure un piatto di pasta, o a stirarsi una camicia, o si sentono sminuiti a farlo, oppure quante donne si trovano ignoranti e incapaci ad affrontare questioni burocratiche o amministrative? Quante persone che hanno avuto un incidente devono imparare di nuovo a camminare? In generale, quanti uomini e donne hanno grandissime difficoltà a seguire i cambiamenti tecnologici che rendono molto meno efficaci le loro conoscenze e i loro comportamenti? Ci si sente di nuovo analfabeti, cioè non più in grado di svolgere le mansioni quotidiane che consentono di essere membri attivi e responsabili della comunità e della famiglia in cui si vive.
Negli ultimi decenni abbiamo, volenti o nolenti, imparato a considerare che non una, ma più volte nel corso della nostra vita dobbiamo esercitare la virtù del distacco e impegnarci a imparare cose nuove, a riscoprire e mettere alla prova noi stessi in modo e in ambienti nuovi. La parola d'ordine che domina in questo campo ormai da anni è quello dell'apprendimento continuo per tutto l'arco della vita (life long learning). Significa che per poter (continuare ad) essere persone  consapevoli, cittadini e lavoratori competenti, uomini e donne responsabili delle nostre azioni, dobbiamo essere in grado di  stare  dentro un processo di apprendimento continuo, che non si arresta mai. Quando poi ci sono dei cambiamenti radicali nella propria vita (voluti o non voluti, indesiderati o anche desiderati) la nostra capacità di cambiare e di imparare cose nuove, di entrare in un nuovo periodo di apprendistato, diventa critica. Comunque, siamo sempre, almeno in parte, neofiti.
Essere neofiti è elettrizzante, perfino entusiasmante, e anche frustrante. Elettrizzante perché il fatto di imparare cose nuove stimola la curiosità, risveglia le nostre capacità latenti, produce impegno e dà una sensazione di fioritura, apre nuove opportunità, crea situazioni inedite che ci fanno scoprire cose nuove di noi stessi, permette di intessere nuove relazioni: insomma è l'occasione per ricominciare a sognare è una scarica di energia. Frustrante perché all'inizio dei nuovi percorsi si ridiventa ignoranti, impacciati, le cose da imparare ti sembrano troppe (non ce la farò mai!), diventi l'ultimo arrivato e temi di essere giudicato male. La frustrazione può spingere  a scappare, a rinunciare, a gettare la spugna. In questa fase è importante sapere come vivere la nuova situazione di apprendistato e di noviziato, riuscire a non scoraggiarsi, imparare a fare un passo dopo l'altro senza fretta e senza abbattersi, saper vedere i passi avanti compiuti.
Per vivere ogni fase della propria vita come nuova, occorre imparare con umiltà cose nuove e quindi avere le motivazioni necessarie, proporselo quindi, questo apprendimento,  individuare il livello sostenibile delle nostre aspettative, avere la giusta scala su cui valutare i nostri sviluppi, i passi avanti compiuti.
Non c'è dubbio che in tutto ciò l'ambiente conta moltissimo. Se l'ambiente è un learning environment, un ambiente  in cui l'apprendimento è incoraggiato,  apprezzato e quindi rispettato e stimolato, si è molto facilitati. Purtroppo spesso non è così e quindi occorre avere al proprio interno la forza e l'energia per non farci scoraggiare dall'ambiente e sapere come sfruttare al meglio ciò comunque che l'ambiente ci offre, anche con una certa ironia (sempre utile saper sorridere!). Aiuta sempre però trovare dei maestri.

In questo periodo di mio orientamento alla condizione di pensionato (o "diversamente attivo") ho attraversato diverse fasi, e ognuna di esse ha rappresentato una sfida che ricercavo perché solo impegnandomi in nuove curve di apprendimento potevo sfruttare al meglio le nuove opportunità che mi si aprivano: il primo passo l'ho compiuto passando dal PC al MAC: cambiare "ambiente" era un modo per rompere delle abitudini consolidate  e date le caratteristiche grafiche del MAC ciò significata anche entrare in un ambiente tecnologico che simbolicamente segnava un passaggio "estetico" e mi imponeva di imparare nuove routine, poi ho aperto e seguito questo blog, imparando poco per volta. In queste due svolte ho  trovato sempre qualcuno che mi ha aiutato, che mi ha dato i consigli utili ed ho avuto un piccolo riscontro (la settimana scorsa ho superato i 2000 link dall'inizio dell'anno e per quanto siano una piccola cosa, sono un conforto in questo sforzo). E poi mi sono lanciato in tante cose, la scrittura e la lettura disordinata, onnivora, forsennata ed entusiasmante di scrittori  diversissimi, da Irène Némirovsky a Antonio Tabucchi, da Chuck Palahniuk a Giorgio Fontana, da Lurent Mauvigner a... Dickens: passare da uno stile di scrittura e di narrazione ad un altro radicalmente diverso è un vero sballo, sollecita l'attivazione di registri diversi di sensibilità e di espressione, riattiva gamme di emozioni che si erano quasi atrofizzate, risveglia l'attenzione. Poi ho cominciato a fare tante foto a San Francisco, a Boston, in Cornovaglia, in Val d'Aosta, mi ha ripreso la vecchia passione della fotografia, una delle passioni che non ho coltivato sufficientemente nella mia vita. Mano a mano che mi entusiasmavo della meditazione che ogni scatto comporta, della sintesi potente che ogni scatto (e il lavoro su di esso) produce, mi rendevo conto dei miei limiti e desideravo andare oltre. E allora per una serie di coincidenze (queste coincidenze!) ho saputo di un corso organizzato dalla rete Shoot for Change (S4C). Il corso mira non solo a insegnare le tecniche di base della fotografia ma è animato da una visione: il reportage sociale,  fare foto per raccontare storie. In particolare storie positive (apprezzative) legate al mondo del volontariato, rifuggendo dalla tentazione dell'esotico e del virtuosismo.
Ho fatto già due incontri e la prima uscita in gruppo. Su questa spinta ho cominciato a viaggiare in internet perdendomi tra corsi e siti fotografici. Il mondo della fotografia è veramente enorme, ma anche ispirato a valore democratici e ad un grande apprezzamento per l'apprendimento, un mare di giovanissimi e di meno giovani accomunati da una passione comune. Se considero la mia curva di apprendimento di questa settimana posso dirmi molto soddisfatto. Naturalmente mi sento ancora una assoluta nullità, la spontaneità con cui ho scattato migliaia di (meravigliose!) foto negli ultimi mesi grazie dall'automatico, tornando al manuale si è all'inizio come bloccata. Ma piano piano ho riprovato il piacere di combinare i valori del diaframma e dell'obbiettivo scorrendo con le dita sulle ghiere. Alla fine del corso dovrò fare un reportage fotografico ed ho già delle proposte! Forse il mio occhio "sociologico" riuscirà ad esprimersi con i nuovi mezzi espressivi. Sono entrato in una nuova curva di apprendimento in cui conoscenza, etica, estetica e relazioni possono alimentarsi a vicenda sostenuti da una nuova competenza tecnologica. E in questo percorso ho trovato persone che mi sosterranno e con cui, soprattutto, potrò condividere l'impegno e l'esperienza. I nuovi apprendimenti e l'entrata in nuove reti fa tutt'uno. Da tutto ciò ricevo una carica di energia che spero di ricambiare a breve.
La cosa più semplice ed efficace che posso fare è come sempre dare dei link.
A Roma, a cura di MACRO si sta svolgendo l'XI festival internazionale della fotografia dedicato al lavoro (ai lavori): Works
Inoltre, ricordo la recente scomparsa di una grande figura internazionale del reportage fotografico: Michelle Vignes

Un'ultima considerazione su cui penso di riflettere nel prossimo post. In questo percorso, e grazie anche alla mia particolare esperienza, sto avendo modo di ripensare al rapporto complesso e fertile tra professionalismo e volontariato.

martedì 2 ottobre 2012

Alleggerirsi


Alleggerirme di Eugenio Cirese, maestro, poeta e studioso molisano 

Z’affolla lu recuorde:
nu pise ogne tante pe iettarle.
Alleggerirme.
Chi sa: ze chiana meglie chiù leggiere.
Ze po’ pure vulà com’a na fronda;
e chelle che ze lassa 
nen va tutte pe terra:
sempre ce sta quaccune
che l’arraccoglie.
Nu vizie che t’è l’ome: 
arraccoglie pe terra.
Appesantirse

Si affolla il ricordo:/un peso ogni tanto per gettarlo. /Alleggerirmi. /Chi sa: si sale meglio più leggeri. / Si può pure volare come una foglia; /e quello che si lascia/ non va tutto per terra: sempre ci sta qualcuno /che lo raccoglie./ Un vizio che ha l’uomo:/ raccogliere per terra./ Appesantirsi.