Diversi economisti hanno dimostrato che il grado di fiducia esistente all'interno di un sistema sociale è un bene economico da diversi punti di vista: innanzi tutto riduce drasticamente i costi legati alle transazioni economiche (quelli che sono stati chiamati da tutta una scuola di ricerca "costi di transazione"). Poi, incentiva l'impegno nelle imprese che richiedono la cooperazione e quindi aumenta l'intelligenza sociale, riduce la paura per il rischio, agevola il credito, aumenta la cultura della partnership e quindi accresce la capacità della società e degli individui di fare investimenti per il futuro condividendo e facendo fruttare le risorse gli uni degli altri perché aumenta la fiducia nel futuro.
Peccato: aumentare la fiducia all'interno di una società non è facile e sembra che il Globale stia erodendo velocemente anche i serbatoi di fiducia che le società erano riuscite a difendere. Perché poi, cosa è il mondo globale se non un mondo in cui tutti ci comportiamo come stranieri, cioè un mondo in cui, onestamente, non possiamo aspettarci e dare fiducia? Di chi possiamo fidarci? Quali basi razionali e di esperienza ha la fiducia reciproca? E quindi innalziamo muri, anche se si tratta di una attività senza fine e sempre più costosa.
Fiducia è una parola grossa, che pronunciamo ormai timidamente. Forse potremmo accontentarci della capacità di essere "buoni vicini"? Un proverbio ben noto dice "buon steccato fa buon vicinato", un proverbio della società contadina che il postindustriale sembra condividere, alla faccia della fluidità. Ma è proprio vero? E' sulla proprietà privata e sui muri che ci dividono che si può fondare la fiducia e sul diritto, che pretende di difenderci dalla sfiducia perché innalza gli steccati, prevede frodi e prevaricazioni, appende le noste sorti all'avventura del processo invece che alla scommessa non necessariamente più rischiosa della cooperazione, alle affollate aule dei tribunali con i loro rituali di rancore invece che alla fatica del capirsi fidandoci della buona fede? Ricordo la bellissima e famosissima poesia di Robert Frost "Mending Wall", Riparando un muro. Il senso di certe perdite le può esprimere solo la poesia. Ricorro alla traduzione di Emma Pretti, pubblicata sul suo blog: www.emmapretti.wordpress.com (agosto, 15, 2011) :
Riparando un muro
C'è qualcosa che odia i muri,
fa gonfiare il terreno gelato sotto di loro,
rovescia il masso portante sotto il sole;
rende perfino affannoso il respiro
se due passano fianco a fianco.
I cacciatori fan la loro parte passando
non avevano lasciato pietra su pietra
per stanare il coniglio dalla tana
e accontentare i loro cani uggiolosi.
Parlo piuttosto di respiri che nessuno
ha mai visto né sentito,
ma quando arriva il momento di costruire
noi li troviamo là.
Lascio che il mio vicino oltre la collina
se ne accorga, così noi due c'incontriamo
camminando lungo il confine
e lo rimettiamo in piedi di nuovo
e teniamo quel muro tra noi due
quando ce ne andiamo.
A ognuno i propri massi caduti prima.
Alcuni come pagnotte altri quasi palloni
c'inventiamo una magia per tenerli insieme:
State lì finché non ci voltiamo!"
Usiamo le nostre dita rozze per sistemarli.
Oh! una vera partita all'aria aperta.
Uno per lato. Si gareggia per poco:
Dove ci troviamo non c'è bisogno di un muro:
lui è tutta una distesa di pini e io
un frutteto con alberi di mele.
I miei alberi non attraverseranno mai
per mangiare le sue pigne, gli dico.
Ma risponde "Un buon steccato fa buon vicinato"
Un salto sarebbe mio danno, e mi chiedo
sew posso convincerlo: "perché fa buon vicinato?
Non serve forse per le mucche? Ma qui non ce ne sono.
Prima di costruire il muro avrei voluto sapere cosa
chiudevo dentro o lasciavo fuori,
e a chi recavo offesa.
Qualcosa odia il muro, lo vuole abbattere".
Potrei dirgli "Elfi", ma non precisamente elfi,
e preferirei fosse una sua idea.
Lo vedo mentre stringe una pietra in ogni mano
ansimando, come un guerriero primitivo.
Si muove nell'ombra del bosco e degli alberi, e non solo.
Non ce la farà a superare l'adagio di suo padre,
e ama così tanto quel detto che di nuovo ripete:
"Buon steccato fa buon vicinato".
In controtendenza il reporter Paul Salopek ha iniziato un lungo viaggio a piedi che in sette anni dovrebbe portarlo dall'Etiopia alla Terra del Fuoco, seguendo le orme della popolazione del Pianeta e l'idea che il tempo della assimilazione dell'informazione è di ... circa 5 chilometri l'ora. E' possibile seguire il suo percorso iscrivendosi al sito www.outofedenwalk.com
ciao Francesco
RispondiEliminaCi sono diverse persone che lamentano problemi con lo scrivere i commenti. Tu mi hai mandato un saluto, che è arrivato, e ti ringrazio, ma non compare il tuo nome. Perché?
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