martedì 30 aprile 2013

Festa del lavoro e della professionalità



E' mia convinzione che molta parte della crisi specifica della società italiana non dipenda da "i politici" o dagli interessi finanziari (la politica e la finanza sono problemi per tutti i paesi, non solo per l'Italia) ma dalle corporazioni professionali. Forse c'entra il rapporto tra la politica (soprattutto quella minuta, locale, di piccolo cabotaggio, quella della dilapidazione della responsabilità a livello dei piccoli interessi, che poi in qualche misura è stata aspirata verso il "centro" romano, ma che si riproduce come pianta infestante alla periferia. Ma lo sfarinamento delle professioni, e dei saperi professionali, e delle responsabilità,  delle deontologie, delle etiche professionali che è venuto di pari passo all'imbarbarimento dei modi di fare carriera o anche di sopravvivere in una "professione" o anche in un lavoro dipendono dalla mancanza di lungimiranza e di responsabilità con cui chi ha rappresentato gli interessi professionali in questi lunghi anni (democristiani e postdemocristiani), hanno "governato" le professioni e il loro cambiamento. Sembra che nessuno sia nostalgico dell'espressione "classe dirigente", ma non è questo che si intende per  merito? O per merito si intende la capacità di giocare meglio le sempre più barbare regole del gioco? Il merito non va formato, non va selezionato, non va educato, non va subordinato ad un'etica che è valore professionale e non solo limite giuridico e penale?
Sì penso anche agli ordini professionali e alle associazioni professionali  tutte tese al proprio riconoscimento ma molto meno al servizio civico dei propri membri.
Lego questo pensiero con una immagine tratta da una delle riprese della tragica sparatoria "di Palazzo Chigi". Guardate le immagini che cominciano tra il 20' e il 25' secondo. Si vede un fotografo che superando con una agilità incredibile, nella confusione generale, mentre tanti scappano o pensano di recuperare le loro biciclette, si precipita velocissimo a fare gli scatti da cui spera di poter trarre un utile, di fare uno scoop. Senza dubbio "si precipita nella notizia". Questa la trovo una immagine violenta: agli spari del piastrellista disoccupato biscazziere disoccupato incazzato a morte contro i politici e in mancanza di meglio contro i carabinieri, o magari gli uscieri, subentrano gli spari degli scatti dei fotografi, l'alluvione di "scoop" sempre più maldestri  che culmina con quella intervista  - sembra chiesta dalla ex moglie e madre -  al figlio undicenne transitata, finché l'indignazione in rete non l'ha bloccata, nei media. Forse nulla di meglio della disperazione del nuovo professionalismo disperato di quella prontezza di riflessi, di quei 5 secondi di immagine.
Ma non è solo il giornalismo o i fotoreporter che trasformano la notizia con lo scoop (perché si vende meglio) a fare tristezza (o indignazione). Come è triste il panorama di tanti nostri "mondi professionali"! Quando si dice che il cambiamento deve venire dal basso, non significa che deve avvenire anche da qui, dalla capacità dei giovani di dire basta all'imbarbarimento del lavoro nelle organizzazioni e nelle professioni? 


"Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere una etimologia.Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.Il ceramista che intuisce un colore e una forma.Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.Chi accarezza un animale addormentato.Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo."
Borges


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