giovedì 4 luglio 2013

La cultura si mangia?



(Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

"Con la cultura non si mangia" fu l'esemplare affermazione di Tremonti che sintetizzava una (diffusa) sconcertante ristrettezza mentale e culturale su quali siano i "beni economici". La risposta (dilagante) è però altrettanto sconcertante, perché assolutamente simmetrica: Non è vero, con la cultura si mangia!  Soprattutto noi in Italia, mettendo a frutto i nostri "tesori" "che tutto il mondo c'invidia" tant'è  che "ce vengono da 'gnidove pe' verdelli", che "je piacerebbe a Londra d'avecce er coliseo!" "stemo seduti su 'na miniera d'oro e non la sapemo sfruttà!".
Nobile gara di alati concetti!
L'idea stessa di cultura si è trasformata in una delle tante rendite cui abbiamo affidato la nostra sopravvivenza familiare e nazionale.


 (Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

Proviamo a guardare dentro questa "parola" e ci troveremo un guazzabuglio di "pacchetti turistici" assemblati alla bell'e meglio secondo i palati e le borse, dalle rovine di Pompei al festival della Taranta, dal melodramma alla Fontana di Trevi, passando, a spintoni, per Rialto o facendo la fila per qualche mega mostra alle Scuderia del Quirinale. Ma in tutto questo  dove è la cultura viva, dove è l'arte della musica, del teatro, della poesia, della pittura, della fotografia, della sceneggiatura e del cinema? Dove è l'ambiente "cultura" deve nascono le idee nuove, dove si inventa e si sperimenta, secondo canoni che non possono essere economici ma devono essere tipici di ciascuna di queste arti e di queste tecniche? Dove sono i laboratori dove arte e scienza si potenziano a vicenda rivoluzionando i canoni e creando nuove prospettive? E' vero, anche da noi si sviluppano movimenti nuovi e l'Italia è ricca ancora di giovani che fanno cose stupende ma la loro passione trova un terreno ostile.  Finché si intenderà la produzione di idee nuove e l'arte, e le nuove frontiere della conoscenza e dell'estetica solo o principalmente come un valore economico o che va giustificato in termini economici invece che di per se stesso, sarà dura e la cappa del provincialismo peserà come uno smog morale sulle nostre città e sui nostri paesi soffocando le passioni e appassendo gli entusiasmi.  I nostri laureati in belle arti per vivere dovranno continuare a fare le guide turistiche o i gestori di B&B (quando va bene) mentre i loro colleghi dei Paesi Europei avranno di fronte opportunità di sviluppo respirando venti continuamente nuovi.


(Foto franziscus scattata nei pressi del Colosseo) 

In altri termini, vi sono campi di attività e professioni che dovrebbero portarci verso il futuro, che dovrebbero curare ed esprimere la nostra anima e i nostri sogni, qualsiasi siano le loro trame e le loro forme, non riempire le nostre pance.   Se questa la chiamiamo "cultura", la cultura è il nostro stesso sguardo, non il passato che abbiamo ereditato e che possiamo vendere nei pacchetti turistici.  
Solo in questo modo è possibile evitare che la cultura sia travolta dal turismo di massa e trasformata in un freak, in un fenomeno da baraccone. Anzi, dobbiamo fermare lo scempio per qualificare anche il turismo a partire dalla cultura. I vantaggi anche economici per tutta la società non tarderanno a farsi sentire! 


(Foto franziscus scattata a Venezia, Punta della Dogana)


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