mercoledì 16 maggio 2012
Responsabilità
http://www.youtube.com/watch?v=HhnwUs1M03g&feature=related Colonna sonora ad alcuni pensieri sulla responsabilità.La responsabilità è una brutta bestia. I figli piccoli spesso si sentono responsabili delle liti vere o presunte tra i genitori, e questo genera in loro un profondo senso di colpa che potrà accompagnarli per tutta la vita, perché, non essendo loro i responsabili, non potranno fare nulla per eliminare la causa delle liti e della sofferenza. C'è una affermazione che lessi venti anni fa da uno dei primi libri di Sennett The hidden Injuries of Class (1990): "The legitimation of power is a cloak of secrecy over the origins of one's anxiety. It is this cloak of secrecy that makes the children feel responsible for a situation thay did not create". La legittimazione del potere è un manto che occulta le origini della propria ansia. E' questo manto che fa sentire i figli responsabili di una situazione che non hanno creato". Quante volte ci sentiamo responsabili per una situazione che non abbiamo creato? Dietro questo caricarci di responsabilità non si nasconde una reazione ingenua al il senso di colpa che è strettamente legato alla "legittimazione del potere"? Siamo noi ma nello stesso tempo non siamo noi. La suggestione dell'opera "la tortura del clown" che ho postato il 27 aprile deriva dalla rottura del meccanismo della responsabilità: “I’m sorry for what I did. I don’t know why I did it” (“Mi dispiace per quello che ho fatto, non so perché l’ho fatto”), sullo schermo opposto un Pierrot grida all’infinito con tutto il proprio corpo “No. No. No. No.” La tortura del clown è il circolo senza uscita della responsabilità, l'effetto specchio della responsabilità, che ci costringe ad ascoltare nascosti noi stessi che ci contorciamo nella tortura della responsabilità.
Ma c'è un altra ragione per cui la responsabilità può essere una brutta bestia, quando buttiamo addosso agli altri responsabilità che essi non hanno senza preoccuparci dell'irresponsabilità nostra quando mettiamo in atto un comportamento (un pensiero, un giudizio) di questo genere. In questo caso usiamo la responsabilità come violenza. E' il meccanismo del capro espiatorio, tanto più insidioso quando non è neppure esplicito, ma si realizza facendo in modo che l'altro sia messo in condizione di domandarsi se per caso non è vero che è lui il responsabile di qualche cosa che non sa di aver commesso. Parafrasando il clown: Non so quello che ho fatto ma mi dispiace, non lo faccio più! E' un meccanismo che conoscono bene le persone che sono state oggetto di mobbing.
La responsabilità, sia nel primo caso che nel secondo è una brutta bestia, perché risveglia e nutre il senso di colpa primordiale, quello del peccato originale, per intenderci, ci toglie il perdono e lo toglie agli altri. E' una responsabilità che sparge sofferenza, violenza, contro di noi e contro gli altri. Cercherò di raccontare anche di una responsabilità che nasce non dalla colpa ma dall'amore. Ma per questo occorre un altro post e un'altra colonna sonora, magari sempre di Tony Scott.
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Leggo e penso alle mie esperienze. A volte ho pensato che la nostra generazione sia stata cresciuta a "pane e responsabilità" o meglio a "pane e senso di colpa".
RispondiEliminaHo fatto il possibile per non incidere, nei giovani che ho incontrato o cresciuto, lo stesso marchio. Terribile marchio che ci segue e perseguita. Recentemente ho avuto qualche dubbio e mi son chiesta se la misura sia stata equa. Troppo per noi, troppo poco o nulla fuori di noi?
Ma riflettendo più a fondo direi che non è stato così. L'impatto emotivo che si riceve oggi è misto, spurio, pilotato. E' più difficile smascherare lo schema, e forse è anche per questo motivo che la dialettica pare diventi tentacolare anche se l'impatto colpisce, ancora una volta, gli stessi. Quelli che amano. Aspetto il prossimo post, con colonna sonora.