Un mio amico ha inviato su facebook questa segnalazione dell'intervento di Sir. Ken Robinson sulla necessità di farla finita con le riforme dell'istruzione per intraprendere la strada delle rivoluzioni dell'educazione. Mi sembra che senza questo passaggio le riforme aggiungono il danno alla beffa. Mi sembra un ottimo commento agli affanni dei nostri governanti (non solo in Italia, ahimè, ma in Italia la componente umoristica è un po' superiore, forse perché l'imperativo "a costo zero" si confonde con un "tasso zero" di capacità di innovazione). Il messaggio di Ken Robinson (coerente con quello di tanti degli oratori di TED) non è certo nuovo, ma ora è sempre più colpevole ignorarlo, perché il vecchio ordine è impossibile da mantenere ed è evidentemente in crisi. Quindi bisognerebbe evitare le medicine sbagliate. Solo un commento: con lo specchietto per allodole del "merito" si pensa di aprire la cassaforte dell'opinione pubblica. Ma ve lo immaginate quel povero studente "più bravo" di un istituto. Due obiezioni: la decisione presa per volontà governativa (invece che provenire dal basso) e il criterio totalizzante (e quindi tipicamente "scolastica") del merito. Le università e le scuole nordamericane, che di competitività ne sanno qualche cosa, hanno diversi "meriti" su cui gli studenti possono cimentarsi, compresa la capacità di leadership e quella di lavorare insieme agli altri, e poi rispetto alle singole discipline, alla creatività, all'eccellenza sportiva, ecc. Almeno si riconosce la molteplicità dei piani su cui gli studenti possono sviluppare i loro talenti.
E poi vi è una grande discussione sul rapporto tra l'emergenza dei "migliori" e il "miglioramento" della qualità globale della didattica.
Non mi convince per niente quanto ha in mente di fare Profumo. Non è con la meritocrazia che si migliora la scuola. La meritocrazia, nel nostro contesto, significa cementare le elite; se si vuole una scuola migliore (anche, ma non solo) per un Paese più competitivo, si devono promuovere opportunità per tutti. Scuola delle opportunità, non scuola del merito.
RispondiEliminaLe medicine scadute quando non fanno peggio sono inutili; quello che si va attuando sotto la pomposa definizione di “riforma” non è altro che un restauro spilorcio di concetti superati per di più mal interpretati. La nostra Istruzione avrebbe bisogno davvero di una rivoluzione.
RispondiEliminaMa mi sento di spendere qualche parola in difesa di qualche insegnante che, se resiste alla deriva e tenta di mandare comunque avanti il suo lavoro, anche resistendo alla goffaggine meritocratica non lo fa per mettere toppe a questo sistema, ma per rispetto ai suoi allievi e a se stesso. E’ una resistenza povera, ma che ci restituisce almeno la dignità personale. E aggiungo anche che la professione docente ha ancora, seppure in misura sempre più sorvegliata, alcuni margini di autonomia e libertà che possono essere usati bene.
Del resto cos’è questo “merito” se non un ulteriore e grossolano, ma forse efficace, strumento per separare, per disgregare, per classificare omologando al conformismo più conservatore?
Il bello è che questa conservazione non è buona nemmeno per le mummie perché, di solito, è sano conservare ciò che è in buone condizioni e non ciò che già marcisce. Invece di fronte alla mutazione gigantesca che ha coinvolto, seppure in modalità diverse, l’intera società del pianeta e del sistema delle comunicazioni, i nostri rispondono con le medaglie al merito, con lo sconto delle tasse universitarie, con il vagheggiamento del passato.
La “strada delle rivoluzioni dell'educazione” non è, lo sappiamo, sulle mappe, la strada della rivoluzione ha bisogno di passione e iniziativa anche personale. Se ci fosse chi l’attendesse come un pacco postale attenderebbe invano (proprio come un pacco postale)
La rivoluzione si fa anche contando sulle proprie risorse e non credo manchino i principi teorici da cui prendere le mosse, manca il coraggio.
E su questo anche non pochi docenti si potrebbero interrogare.
Dimenticavo di aggiungere che, come ieri ho provato ad accennare all'interno de LSCF, una discussione seria su cosa si possa/debba intendere a scuola per "merito" sarebbe più che opportuna, e non per ripartire, come dice spesso Gianni Marconato, da Adamo ed Eva, ma proprio per tener conto di esperienze come quelle a cui Francesco qui accenna. Ripartire dalla conoscenza di esperienze già esistenti e proseguire.
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