venerdì 8 giugno 2012

Ricordi d'infanzia



Tra i ricordi più vivi della mia scuola elementare vi è quello di una gara di disegno, nell’anno 1949. La scuola esiste ancora, è la Fratelli Bandiera, nei pressi di Piazza Bologna.  Si accede all’ampio cancello di entrata dopo aver salito almeno venti scalini. A questa gara parteciparono tutte le quinte (quindi non io, che frequentavo la quarta, ma d'altronde non avrei avuto la minima possibilità, dato che tutti mi dicevano che disegnavo male, e i miei disegni erano oggetto di battute denigratorie delle maestre che ancora ricordo). Mi ricordo però  di questa gara cui neppure ho partecipato perché rivedo ancora l’immagine del vincitore. La memoria forse inganna, ricostruisce, modifica ma lo ricordo ancora questo mio compagno in cima alla scalinata, appoggiato alla porta, il giorno dopo aver ricevuto il premio, che ci guardava entrare. Sono sicuro, indossava quello che a me sembrò un berretto da pittore, cioè un cappello sulle ventitre in testa a un bambino di 8 anni! Aveva lo sguardo fiero e un po’ sdegnoso: stava lì ostentando la sua vittoria, squadrando gli altri dall’alto in basso.  Lo guardavamo tutti con ammirazione, salendo le scale e sfilandogli davanti incrociando il suo sguardo indifferente. “Ha studiato per tre giorni e tre notti per prepararsi alla prova, senza dormire -  girava la voce - Per questo ha vinto!”. 

Allora, era il 1949, si pensava che l’eccellenza fosse prodotta dall’impegno e dalla disciplina, e che fosse giusto così. Io ero tagliato fuori in ogni caso, malgrado l’impegno. Ma non mi sarei mai messo a studiare tre giorni e tre notti di seguito per vincere una gara di disegno. O una gara qualsiasi, se è per questo. 

1 commento:

  1. Recuperare le nostre memorie ci offre la possibilità di costatare l'evoluzione, anche nell'esperienza personale, dei significati.
    A me la parola eccellenza, ad esempio, non piace perché fa rima con riverenza. So che è un argomento un po' sciocco, ma siccome riverenza mi fa poi tornare in mente che c'erano persone e cariche cui si dava il titolo di eccellenza (prescritto da protocolli poi aboliti) mi trovo a confermare la mia insofferenza verbale. L'eccellenza personificata dal pischello di otto anni con il berretto da Cavaradossi e vincitore di una gara di disegno fa, anche raccontata dopo qualche anno, un certo effetto.
    Oggi il termine eccellenza ronza indisturbato: pressoché caduto in disuso, torna in auge e viene speso non solo senza perplessità, ma anzi con un certo gusto, pure in ambito scolastico e dell'istruzione. Attualmente l'eccellenza sembra diventare un sistema di misura del merito, e quindi di attribuzione di meritocrazia, finendo per essere uno strumento per dar potere. La scuola deve fare questo?
    Le perplessità non mancano; forse si sta andando davvero troppo in fretta alla ricerca di punti fermi, di schieramenti, di prese di posizione. Ma si sa... i tecnici sono efficienti.

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