Anche le pietre degradano. La pietra di lecce (calceolite) è particolarmente esposta a quella forma di degrado che si chiama "alveolizzazione" (honeycomb, cavernous decay), cioè la formazione di cavità di forma e dimensioni variabili, dette alveoli, spesso interconnesse e con distribuzione non uniforme. Questa foto, insieme all'altra che chiude il post, l'ho scattata ieri a Lecce. Non è solo per fornire esempi della minaccia che questa corrosione porta al patrimonio artistico del "barocco leccese", ma perché questa foto sembra essere una cristallizzazione del tempo, con i diversi gradi di corrosione, dove la sostituzione conservativa a sinistra in alto con la sua superficie ancora liscia mette ancora di più in evidenza il vuoto del quadratino alla sua base. Il tempo, fattosi pietra, produce un gioco di luci e di ombre irregolare, unico e pieno di mistero pur nella luce abbacinante. I graffi nelle pietre sono graffiti, la pietra è luce nel suo farsi e disfarsi, nel suo miracoloso stato di sospensione. La durezza dell'angolo con cui si conclude la parete a destra valorizza la luce sulla superficie ma anche la durezza e la fragilità delle pietre. Il tutto è colto con uno sguardo che si è trasformato in un click, che produce l'effetto di un' istantanea, come quando si sorprende l'espressione fugace di un volto. Ma l'istantanea esprime in realtà la rapidità del nostro sguardo, è nel nostro sguardo di passanti, che riflette il lungo passare del tempo sulle pietre.
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