mercoledì 30 gennaio 2013

Società civile, politica e bisogno di stewardship.






Il post del 2 gennaio "Stewardship del territorio" è balzato ai primi posti nelle visite di questo blog e continua a riceverne di ora in ora, superando le 170 in trenta giorni. Un record, tenuto conto del volume complessivo del blog (che peraltro si avvia alle 1000 visite nel corso dell'ultimo mese, forse perché questa impennata ha prodotto un effetto di trascinamento anche su altri post). I casi sono due: o sono tante le persone che amano Rieti e i suoi segreti sotterranei, e il Velino, oppure il tema della stewardship del territorio, o della stewardship in generale suscita un po' di interesse.  O forse entrambe le cose....

Riprendo il tema della stewardship: ci sto lavorando da tempo, ho partecipato alla nascita di una associazione che ad essa e alla sua diffusione si richiama (www.stewardship.it) e, in questi tempi in cui si allarga la consapevolezza che stiamo dando fondo a tutte le riserve fisiche, ambientali, culturali, che avevamo a disposizione, senza saperci arrestare, e di crisi della politica, è un  tema di urgente interesse. Il termine è di uso normale nei paesi anglosassoni ma in Italia suona un po' esotico. Stewardship significa prendersi cura, nel senso non solo della protezione e conservazione ma soprattutto della valorizzazione e parte dal presupposto che questo prendersi cura significa assunzione di responsabilità verso qualcuno. Significa, in poche parole, assumersi la responsabilità degli interessi di qualcuno, in uno spirito di servizio anziché di perseguimento dell'interesse personale e privato: choosing service over self-interest, è il sottotitolo del libro di Peter Block "Stewardship". La società di mercato si alimenta dell'illusione (che a sua volta contribuisce ad alimentare) che se gli individui sono lasciati liberi di perseguire  i loro interessi privati e pongono questi al vertice delle loro emozioni e dei loro calcoli, finisce che si affermerà il benessere di tutti (o della maggioranza possibile). In questa visione c'è poco spazio per la stewardship, così come per il bene comune o lo spirito di servizio. Ma anche l'attribuire allo Stato (e quindi al Governo, ai vertici politici politici e amministrativi) il potere di decidere quale sia il benessere di una società e la direzione dello sviluppo si è rivelato nel corso del novecento causa di rovine e costi umani immani, magari in nome di un'etica superiore che avrebbe dovuto giustificare i sacrifici degli individui: anche qui non c'è spazio alla stewardship. L'attualità della stewardship nasce proprio dal doppio fallimento di queste ideologie e dei sistemi di regolazione e di governo che si basano su di esse.

Non mi piace l'affermazione che il modo per far uscire la politica dal pantano in cui si è immersa bisogna ricorrere alla società civile. La società civile (si intendono chi? i professionisti, gli imprenditori, i professori, i commercianti - si è rinunciato ad intendere agli operai, i lavoratori dipendenti, i contadini - meglio parlare direttamente di "società borghese, no?) non sa di politica e neppure di leggi, perché è di un'altra pasta, perché, svuotate le riserve di quelle ideologie che bene o male nutrivano anche gli ideali, la società civile è diventata solo il fondamentale brodo di coltura degli interessi particolati e delle culture (non ideologie!) che li legittimano. Quelli che scendono o salgono in politica sono o diventano subito maschere di quella mentalità e di quella cultura: egoismo (self interest), riservatezza e (privacy), al massimo, deontologia professionale, che non è la stessa cosa di morale pubblica. L'esplosione della corruzione nella politica è l'effetto dell'entrata della società civile nella politica senza mediazioni e trasformazioni.

Credo nella divisione del lavoro e nella divisione dei poteri, anche perché credo nell'importanza delle competenze, delle esperienze e dei saperi, credo quindi che saper fare politica richieda altrettanta competenza che saper fare l'avvocato, il dottore o il manager ma sia una cosa diversa (vuol dire conoscere la complessità delle istituzioni, gli effetti delle leggi, saper interpretare e mediare gli interessi e tradurli in una visione di cambiamento) ma credo nell'importanza di distinguere tra politica e società civile anche per un'altra ragione, perché mi piacerebbe che la rappresentanza degli interessi non consistesse nel portare le lobbies, cioè la società civile con la sua ideologie e la sua morale, al potere. Mi piacerebbe che, diventato inadeguato un certo modo di selezionare i politici e gli uomini di governo e i dirigenti pubblici e privati, quello dei partiti di massa, per intenderci, con dietro dei grandi movimenti sociali organizzati, si riuscisse di trovare un modo nuovo di fare politica e di formare e selezionare i politici. E' illusorio e pericoloso pensare a scorciatoie, tanto più se queste sono il suffragio universale. Questa è una porta spalancata alla degenerazione  populistica e demagogica della politica. O davvero pensiamo ancora che uno perché si è fatto ricco è candidato ad essere il governante migliore, come molti, troppi , ingenuamente credono?

Una riflessione: si parla del nepotismo e del baronato che inquinerebbe l'Università? Perché non si dice anche che le facoltà più inquinate dal nepotismo e dal baronato sono quelle in cui più pesano gli interessi professionali, cioè medicina e legge? L'etica della società civile non è migliore dell'etica accademica, anzi....

La politica ha bisogno di una rivoluzione nella società civile, di una riscoperta dell'importanza dell'etica nella società civile: nelle professioni, negli affari, nella finanza, nei rapporti di lavoro, nel giornalismo, nelle aule dei tribunali e nell'amministrazione. Non parlo della deontologia, e neppure della legalità: questi sono il minimo, anche se spesso sono violati. Parlo della capacità individuale, delle comunità di pratiche, dei gruppi professionali, di sistema, di compiere scelte e adottare comportamenti basati sui principi di base della stewardship: rispetto degli interessi che si servono, riflessività, apprendimento continuo, trasparenza. valorizzazione,  partnership.

La stewardship è l'etica della società civica, non della cosiddetta società civile.

In una intervista, Falcone rispose al giornalista che gli domandava chi glielo faceva fare: "Soltanto lo spirito di servizio". Dovremmo ancorare il nostro comportamento quotidiano a questo principio e in questo modo trasformare il nostro modo di essere società civile in società civica. Ma non saremmo ancora pronti per "salire in politica", perché quello è un mestiere ancora più difficile.






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