giovedì 31 gennaio 2013

Stewardship contro l'ignavia






Benigni legge l'Inferno III (gli ignavi)

Uno dei principali motivi che mi spinsero fuori della comunità dei credenti e poi della Chiesa e della religione fu che al momento della confessione l'autoerotismo contava di più del non aver fatto quello che era in mio potere per realizzare l'amore. Era in fondo un problema di quantificazione: Figliolo quante volte ti sei toccato? Quante bugie, quante bestemmie, quanti pettegolezzi? Va bene, era più facile trovare un equivalente in pater ave e gloria di penitenza, ma non aver fatto quello che era in mio potere per realizzare l'amore del prossimo era molto meno quantificabile, come si fa a misurarlo? Ora sono diventato più tollerante anche nei confronti dei confessori. La responsabilità nei confronti di me stesso o nei confronti degli altri può essere quantificata, purché i singoli atti siano considerati solo una proxy di un atteggiamento, che è il vero "peccato", cioè la vera responsabilità con cui dobbiamo confrontarci. Ma quali sono gli atti che indicano una mancanza di presa di responsabilità, una mancanza di scelta? 
Sappiamo che l'ignavia è un peccato capitale, ma anche Dante è consapevole del suo carattere sfuggente, tan'è vero che non considera gli ignavi buoni neppure per meritarsi l'inferno.  

« E io ch'avea d'error la testa cinta,
dissi: "Maestro, che è quel ch'i' odo?
e che gent'è che par nel duol sì vinta?
Ed elli a me: "Questo misero modo
tegnon l'anime triste di coloro
che visser sanza 'nfamia e sanza lodo.
Mischiate son a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé foro.
Caccianli i cieli per non esser men belli
Né lo profondo inferno li riceve,
ch'alcuna gloria i rei avrebber d'elli".
E io "Maestro ch'è tanto greve
A lor che lamentar li fa sì forte?"
Rispuose: "Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che 'nvidiosi son d'ogni altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa,
misericordia e giustizia li sdegna;
non ragioniam di lor, ma guarda e passa".
(Dante Alighieri, Inferno III, 31-51)

La pena degli ignavi è quella di dover girare in eterno dietro a un'insegna, una bandiera in perpetuo  veloce movimento, che non riusciranno a raggiungere mai, tormentati continuamente da tafani e api che li pungoleranno in eterno, visto che in vita loro non avevano trovato la forza di pungolarsi da soli. E' questo un peccato che si punisce da sé tant'è vero che non meritano neppure il Giudizio finale (non hanno speranza di morte)? E' un "peccato-condizione" ed è questo che li rende invidiosi di ogni altra sorte? 
Ecco, la stewardship la vedo un po' come una serie di procedure per rendere visibile (a noi stessi innanzi tutto) le responsabilità nascoste anche quantificando con indicatori adeguati un atteggiamento, una cultura, una responsabilità. Qualche volta questi indicatori sono fastidiosi come i tafani e le api che tormentano gli ignavi, ma possiamo usarli come una informazione preziosa per comprendere la nostra responsabilità uscendo fuori della recriminazione autoreferenziale. 

Sono utili anche gli esempi, bisogna essere umili: gli ignavi sono tanti, ma più di quanto sospettiamo sono coloro che scelgono, che si assumono responsabilità, che si impegnano. Il male che fa la TV è di concentrare l'attenzione su una ventina di personaggi e proporci sempre quelli, incartati nella gabbia dei due o tre temi su cui strutturano la loro opposizione dialettica, oscurando le decine di migliaia che lavorano ogni giorno assumendosi responsabilità anche per noi (è la vera delega!).  I mass media producono un'immagine della politica e poi questa immagine viene demonizzata, in una spirale che alimenta se stessa. Dobbiamo spegnere la TV e scoprire gli steward intorno a noi, e imparare da loro, farci aiutare da loro aiutandoli, per uscire dal numero di coloro che solo "per sé foro", e soprattutto, avere passione, scegliere, perché si commette il male anche quando non si sceglie con la scusa (alibi) di non volersi sporcare le mani. Creiamo piuttosto strumenti di riconoscimento e valorizzazione e premio della responsabilità, guardiamo al nostro vicino,  alla nostra parrocchia, al nostro comprensorio, alle numerose associazioni  di volontariato e cerchiamo di imparare da loro. Non vorrei essere retorico, ma poiché ho cominciato con una reminiscenza religiosa, direi che sono loro i nostri angeli civili di cui dovremmo seguire l'indicazione. Naturalmente anche loro sono pieni di difetti ma sono.... soltanto angeli.





Nessun commento:

Posta un commento